Proci

La strage dei Proci da un cratere magnogreco (Campania, forse Capua, 330 a.C. circa, conservato al Louvre

I Proci sono personaggi dell'Odissea, 108 giovani nobili di Itaca e delle isole e territori vicini che aspiravano al trono di Ulisse, contendendosi la mano di Penelope, sposa del re (Odisseo).

Il termine è latino (procus, proci) ed è usato per tradurre letteralmente il termine originale μνηστῆρες mnēstḕres "pretendenti".

La narrazione di Omero, che li mostra come parassiti, dimoranti nella reggia per anni, sarebbe incomprensibile a noi contemporanei se non considerassimo la sacralità della ospitalità presso la civiltà greca.[1] Perciò è rilevante lo stratagemma di Penelope, la quale, per ritardare il momento della scelta, inventa l'astuzia della tela. Infatti la moglie di Ulisse dice ai Proci che ne avrebbe scelto uno solo quando avesse finito di tessere la tela stessa, ma, segretamente, di notte, la disfa ogni volta, dovendo così sempre ricominciare il lavoro da capo e ritardando così il momento della scelta.

Al ritorno, Ulisse, che si presenta sotto mentite spoglie vestendosi da mendicante, prevale sui Proci in una gara di tiro con l'arco organizzata da Penelope per scegliere definitivamente il futuro sposo. Solo Ulisse infatti si dimostra capace di tendere l'arco, incoccare e centrare il bersaglio. Quindi, col medesimo arco, inizia la strage dei Proci, con l'aiuto dei servitori fedeli Eumeo e Filezio, del figlio Telemaco e della dea Atena. Questi eliminano a uno a uno tutti i pretendenti e i traditori itacesi; soltanto l'aedo Femio e l'araldo Medonte, rimasti fedeli al re di Itaca, vengono risparmiati.

  1. ^ A tal proposito si legga la voce Filemone e Bauci.

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