Albert Camus

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«Per la sua importante produzione letteraria, che con serietà chiarificante illumina i problemi della coscienza umana nel nostro tempo.»

Albert Camus nel 1945
Medaglia del Premio Nobel Premio Nobel per la letteratura 1957

Albert Camus (IPA: [alˈbɛʁ kaˈmy]) (Mondovi, 7 novembre 1913Villeblevin, 4 gennaio 1960) è stato uno scrittore, filosofo, saggista, drammaturgo, giornalista e attivista politico francese.

Con la sua multiforme opera è stato in grado di descrivere e comprendere la tragicità di una delle epoche più tumultuose della storia contemporanea, quella che va dall'ascesa dei totalitarismi al secondo dopoguerra e al concomitante inizio della guerra fredda. Non solo: le sue riflessioni filosofiche, magistralmente espresse in immagini letterarie, hanno una valenza universale e atemporale capace di oltrepassare i meri confini della contingenza storica, riuscendo a descrivere la condizione umana nel suo nucleo più essenziale.

Il suo lavoro è sempre teso allo studio dei turbamenti dell'animo umano di fronte all'esistenza, in balia di quell'assurdo definito come «divorzio tra l'uomo e la sua vita». L'unico scopo del vivere e dell'agire, per Camus, che pare esprimersi dialetticamente fuori dell'intimità esperienziale, sta nel combattere, nel sociale, le ingiustizie oltre che le espressioni di poca umanità, come la pena di morte: «Se la Natura condanna a morte l'uomo, che almeno l'uomo non lo faccia», usava dire.[2]

Camus ricevette il Premio Nobel per la letteratura nel 1957.[3] Malato da anni di tubercolosi, morì nel 1960 in un incidente stradale.

  1. ^ The Nobel Prize in Literature 1957
  2. ^ Nelle Riflessioni sulla pena di morte dice che «Se l'omicidio è nella natura dell'uomo, la legge non è fatta per imitare o riprodurre una tale natura».
  3. ^ I suoi discorsi pronunciati in occasione del ritiro del premio sono raccolti in Discours de Suède, Gallimard). Tra l'altro in questi discorsi Camus afferma: "Ogni generazione si crede votata a rifare il mondo. Ma la mia generazione sa che non lo rifarà. Il compito è troppo gravoso. La mia generazione si impegna solo a impedire che il mondo si disfi, si distrugga [...] nel suo sforzo maggiore l'uomo può soltanto proporsi di diminuire aritmeticamente il dolore del mondo".

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