Ansiolitico

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Gli ansiolitici sono una categoria di psicofarmaci usati per attenuare e trattare disturbi d'ansia (come attacchi di panico, ansia generalizzata e disturbi ossessivi), stati di angoscia e sintomi correlati di vario genere (come le somatizzazioni). Sono anche chiamati tranquillanti o calmanti, in contrasto agli antipsicotici detti tranquillanti maggiori.

Diverse categorie di farmaci possiedono un effetto ansiolitico, in particolare le benzodiazepine ed alcuni antidepressivi; altre categorie di farmaci, al di fuori di quelli specificatamente approvati per il trattamento di tale sintomatologia o di altri disturbi psichiatrici, possono avere un consistente effetto ansiolitico o contro le somatizzazioni (come ad esempio alcuni betabloccanti o antistaminici); composti di derivazione naturale, estratti officinali e sostanze ad uso ricreativo sono spesso utilizzate al di fuori del contesto medico per il trattamento dei disturbi d'ansia.

In dosi massicce alcuni composti ansiolitici (notoriamente, i barbiturici e gli oppioidi) sono in grado di inibire i centri della respirazione polmonare e possono provocare coma e morte. Le benzodiazepine sono prive di questa capacità e non risultano generalmente letali in overdose se assunte da sole, tuttavia il rischio aumenta notevolmente se combinate con altri sedativi, in particolare l'alcol. Se assunti per lunghi periodi, ad alte dosi e non seguendo le indicazioni, alcuni ansiolitici possono determinare dipendenza, tolleranza e sindromi di astinenza.[1]

Gli ansiolitici sono considerati dei trattamenti di seconda linea da utilizzarsi cioè quando interventi di tipo psicologico e comportamentale hanno fallito nel migliorare i sintomi,[2] specie nel caso di disturbi moderati o nei soggetti giovani: tecniche di gestione dell'ansia (come particolari tecniche di meditazione e rilassamento), sedute psicologiche volte ad elaborare le cause personali del disturbo, attività fisica e miglioramento della sfera relazionale in alcuni studi si sono rilevati altrettanto efficaci quanto gli interventi farmacologici nel trattamento di alcuni disturbi d'ansia, senza però gli effetti collaterali dei farmaci.[3][4][5]

  1. ^ Galanter, Marc. e Kleber, Herbert D., The American Psychiatric Publishing textbook of substance abuse treatment, 4th ed, American Psychiatric Pub, 2008, ISBN 978-1-58562-276-4, OCLC 172979781. URL consultato il 13 aprile 2020.
  2. ^ (EN) Murray B. Stein e Jitender Sareen, Generalized Anxiety Disorder, in Caren G. Solomon (a cura di), New England Journal of Medicine, vol. 373, n. 21, 19 novembre 2015, pp. 2059–2068, DOI:10.1056/NEJMcp1502514. URL consultato il 27 marzo 2024.
  3. ^ (EN) Kenneth R. Eppley, Allan I. Abrams e Jonathan Shear, Differential effects of relaxation techniques on trait anxiety: A meta-analysis [collegamento interrotto], in Journal of Clinical Psychology, vol. 45, n. 6, 1º novembre 1989, pp. 957–974, DOI:10.1002/1097-4679(198911)45:63.0.CO;2-Q. URL consultato il 19 aprile 2017.
  4. ^ David W. Orme-Johnson e Vernon A. Barnes, Effects of the Transcendental Meditation Technique on Trait Anxiety: A Meta-Analysis of Randomized Controlled Trials, in The Journal of Alternative and Complementary Medicine, vol. 20, n. 5, 9 ottobre 2013, pp. 330–341, DOI:10.1089/acm.2013.0204. URL consultato il 19 aprile 2017.
  5. ^ Robert A. Gould, Michael W. Otto e Mark H. Pollack, Cognitive behavioral and pharmacological treatment of generalized anxiety disorder: A preliminary meta-analysis, in Behavior Therapy, vol. 28, n. 2, 1º gennaio 1997, pp. 285–305, DOI:10.1016/S0005-7894(97)80048-2. URL consultato il 19 aprile 2017.

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