Assedio (storia romana)

Ricostruzione delle fortificazioni dell'esercito di Cesare ad Alesia

L'assedio nell'antica Roma fu una delle tecniche utilizzate dall'esercito romano per ottenere la vittoria finale, sebbene le battaglie campali fossero ritenute l'unica vera forma di guerra. Ciò nonostante, non si deve cadere nella tentazione di sottovalutare l'importanza che l'azione d'assedio poteva avere nel quadro bellico di quell'epoca. Annibale non riuscì a debellare la potenza di Roma perché, pur avendo sconfitto gli eserciti romani in campo aperto, era risultato incapace di assaltare la città di Roma. Con l'andare del tempo gli eserciti della tarda Repubblica romana ed Imperiale divennero particolarmente propensi anche nella guerra d'assedio: la conquista della Gallia da parte di Gaio Giulio Cesare fu la combinazione di tutta una serie di battaglie campali e di lunghi assedi, che culminò con quello di Alesia del 52 a.C. Impadronirsi del centro principale di un popolo nemico, sembrò essere la soluzione migliore per portare a termine un conflitto, come accadde anche al tempo di Traiano, durante la conquista della Dacia, quando la capitale nemica, Sarmizegetusa Regia, fu cinta d'assedio e occupata.[1] Allo scopo furono, pertanto, necessarie numerose opere (un agger sormontato da una palizzata, con fossati intorno, oltre a rampe e trabocchetti di varia natura) e macchine d'assedio per varietà e funzionalità, impegnando i soldati nella realizzazione di importanti lavori di ingegneria militare.

«Gneo Domizio Corbulone usava dire che il nemico si vinceva con la zappa, cioè con le opere di costruzione.»

  1. ^ Colonna Traiana, n.86 QUI e 87 QUI.

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