Aung San Suu Kyi

Aung San Suu Kyi
Aung San Suu Kyi nel 2013

Consigliere di Stato della Birmania
Durata mandato6 aprile 2016 –
1º febbraio 2021
PresidenteHtin Kyaw
Win Myint
Predecessorecarica creata
Successorecarica abolita

Ministro degli affari esteri
Durata mandato30 marzo 2016 –
1º febbraio 2021
PredecessoreWunna Maung Lwin
SuccessoreWunna Maung Lwin

Ministro dell'ufficio del Presidente
Durata mandato30 marzo 2016 –
1º febbraio 2021
PredecessoreAung Min
Hla Tun
Soe Maung
Soe Thein
Thein Nyunt

Presidente della Lega Nazionale per la Democrazia
In carica
Inizio mandato18 novembre 2011
PredecessoreAung Shwe

Segretario generale della Lega Nazionale per la Democrazia
Durata mandato27 settembre 1988 –
18 novembre 2011
Predecessorecarica creata
Successorecarica abolita

Membro del Pyithu Hluttaw per Kawhmu
Durata mandato2 maggio 2012 –
30 marzo 2016
PredecessoreSoe Tint

Dati generali
Partito politicoLega Nazionale per la Democrazia
Titolo di studiodottorato di ricerca
UniversitàUniversità di Delhi
St Hugh's College, Oxford
SOAS, Università di Londra
FirmaFirma di Aung San Suu Kyi

Aung San Suu Kyi (in birmano: အောင်ဆန်းစုကြည်[1] [ʔàʊɴ sʰáɴ sṵ tɕì]; Yangon, 19 giugno 1945) è una politica birmana, attiva per molti anni nella difesa dei diritti umani sulla scena nazionale del suo Paese, oppresso da una rigida dittatura militare, imponendosi come capo del movimento di opposizione, tanto da meritare i premi Rafto e Sakharov (quest'ultimo sospeso nel 2020), prima di essere insignita del Premio Nobel per la pace nel 1991. Nel 2007 l'ex premier del Regno Unito Gordon Brown ne ha tratteggiato il ritratto nel suo volume Eight Portraits come modello di coraggio civico per la libertà.[2]

Il suo impegno politico ebbe inizio nel 1988, quando ritornò in Birmania dopo molti anni trascorsi all'estero. Quell'anno fu uno dei fondatori e primo segretario generale della Lega Nazionale per la Democrazia (LND), partito di opposizione alle dittature militari che caratterizzarono la storia birmana a partire dal 1962, e nel 1989 fu posta per la prima volta agli arresti domiciliari dalla giunta militare. Era ancora agli arresti quando l'anno dopo l'LND trionfò alle elezioni conquistando l'81% dei seggi, ma i militari rifiutarono di cedere il potere e annullarono le elezioni. Nel 2003 scampò all'agguato nel quale persero la vita circa 70 sostenitori dell'LND.[3] Trascorse quasi 15 anni in carcere o agli arresti domiciliari tra il 1989 e il 2010, anno in cui fu definitivamente liberata.[4]

Con il suo partito vinse con ampio margine le elezioni suppletive del 2012 e soprattutto quelle del novembre 2015, considerate le prime consultazioni libere tenutesi nel Paese dal 1962. Nel marzo 2016 le furono affidati diversi Ministeri e in aprile fu nominata Consigliere di Stato, una delle cariche politiche più importanti in Birmania.[5] Pur rimanendo molto popolare in Birmania, è stata in seguito molto criticata a livello internazionale per la sua politica di governo, incapace di fermare la dura repressione dell'esercito nei confronti di alcune minoranze, in particolare quella dei Rohingya. Tra le accuse mosse nei suoi confronti vi fu quella di aver avallato i massacri commessi dai militari, rifiutandosi di ammettere che fossero da considerare un genocidio.[6][7] Rimase in carica fino al colpo di Stato militare del 1º febbraio 2021, che ne provocò la destituzione e l'arresto.[8][9]

  1. ^ In Unicode: အောင်ဆန်းစုကြည်
  2. ^ Aung San Suu Kyi e la lotta alla dittatura birmana. Un libro di Gordon Brown, su criticasociale.net. URL consultato il 4 febbraio 2021.
  3. ^ (EN) Depayin and The Driver, Democratic Voice of Burma, 12 novembre 2010. URL consultato il 1º giugno 2013 (archiviato dall'url originale il 14 luglio 2014). Archiviato il 14 luglio 2014 in Internet Archive.
  4. ^ Il voto in Birmania, San Suu Kyi eletta, Il Corriere della Sera, 1º aprile 2012.
  5. ^ Quale ruolo ha Aung San Suu Kyi nel primo governo democratico birmano degli ultimi 50 anni, su LifeGate, 1º aprile 2016. URL consultato il 19 giugno 2016.
  6. ^ (EN) South-East Asia’s future looks prosperous but illiberal, in The Economist, 18 luglio 2017. URL consultato il 19 luglio 2017.
  7. ^ (EN) Michael Safi, Factchecking Aung San Suu Kyi's claims over genocide allegations, in The Guardian, 11 dicembre 2019. URL consultato il 24 gennaio 2020.
  8. ^ (EN) Myanmar coup: Min Aung Hlaing, the general who seized power, in BBC News, 1º febbraio 2021. URL consultato il 2 febbraio 2021.
  9. ^ (EN) Aung San Suu Kyi and other leaders arrested, party spokesman says, in Reuters, 2 febbraio 2021. URL consultato il 4 febbraio 2021 (archiviato dall'url originale il 1º febbraio 2021).

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