Battaglia di Okinawa

Battaglia di Okinawa
parte del teatro del Pacifico della seconda guerra mondiale
Un marine cerca riparo dal tiro delle mitragliatrici giapponesi nel settore soprannominato "Death Valley" in una foto scattata il 10 maggio 1945
Data1º aprile - 22 giugno 1945
LuogoIsola di Okinawa
EsitoVittoria alleata
Schieramenti
Comandanti
Effettivi
182 000 combattenti[1]
Circa 368 000 uomini di appoggio[2]
318 navi da guerra
1 139 navi di supporto
Circa 110 000 uomini[3]
Circa 7 800 aerei[4]
Perdite
7 374 soldati e 4 907 marinai uccisi
31 807 feriti
203 dispersi
4 824 marinai feriti[5]
763 aerei
34 navi
368 navi danneggiate
Circa 100 000 morti e dispersi
Circa 7 400 prigionieri[2]
Circa 7 800 aerei
16 navi[6]
I dati sulle perdite e delle reali forze giapponesi, sono molto difficili da quantificare con esattezza; si rimanda al paragrafo di approfondimento dove sono riportati i dati di diversi storici sulle perdite.
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La battaglia di Okinawa (沖縄戦?, Okinawa-sen, nome in codice operazione Iceberg) si svolse sull'omonima isola nipponica tra l'aprile e il giugno 1945, nell'ambito della più ampia campagna delle isole Vulcano e Ryūkyū durante la seconda guerra mondiale. Si tratta della più grande operazione anfibia eseguita sul fronte del Pacifico dagli Alleati nel corso del conflitto.

La battaglia fu una delle più sanguinose e feroci di tutta la campagna in Estremo Oriente: la 10ª Armata statunitense del generale Simon Bolivar Buckner Jr. fu duramente impegnata dalla resistenza opposta dalla 32ª Armata giapponese del tenente generale Mitsuru Ushijima, che nel corso del 1944 aveva organizzato un intricato complesso difensivo in grotte fortificate il cui fulcro era rappresentato dal castello di Shuri. Le divisioni statunitensi furono impegnate dal 1º aprile al 22 giugno per stanare i difensori, espugnare Shuri a costo di grandi sacrifici e inseguire i superstiti soldati imperiali nell'estremo lembo meridionale di Okinawa, dove la maggior parte di essi preferì il suicidio alla resa. La campagna si concluse dunque con la quasi completa distruzione della guarnigione nipponica e gravi perdite tra le file statunitensi (pari a circa il 30% degli effettivi); inoltre, per la prima volta sul fronte del Pacifico, si assistette al coinvolgimento diretto della popolazione civile, che fu pesantemente coinvolta nelle operazioni belliche.

Si stima che ci furono circa 150 000 vittime tra gli abitanti di Okinawa, tra cui migliaia di cittadini che si suicidarono pur di non cadere in mano ai soldati statunitensi, dipinti come demoni dalla propaganda giapponese. La dimensione delle perdite e delle distruzioni è da ascrivere all'uso massiccio che entrambi gli schieramenti fecero dell'artiglieria, motivo per cui, nel dopoguerra, fu utilizzato il soprannome Tifone d'acciaio, in inglese Typhoon of Steel[7] e tetsu no ame (鉄の雨, "pioggia d'acciaio") o tetsu no bōfū (鉄の暴風, "impetuoso vento d'acciaio") in giapponese, per descrivere la battaglia[8]. Contemporaneamente alla battaglia terrestre si combatterono aspri scontri aeronavali che costarono pesanti perdite ad entrambe le parti; i giapponesi impiegarono in massa i reparti kamikaze nelle cosiddette operazioni Kikusui che causarono gravi danni alle forze navali americane, ma non riuscirono a cambiare l'esito della battaglia.

L'eccezionale violenza delle operazioni su Okinawa e la disperata determinazione dei combattenti nipponici fecero propendere gli alti comandi statunitensi verso una soluzione alternativa alla programmata invasione anfibia del Giappone, ovvero l'utilizzo della nuova bomba atomica su importanti centri abitati situati nel territorio metropolitano del Giappone. In seguito alla distruzione di Hiroshima e Nagasaki, agli effetti debilitanti del blocco navale del paese e all'intervento in guerra dell'Unione Sovietica, il 15 agosto il governo imperiale si arrese agli Alleati.

  1. ^ Errore nelle note: Errore nell'uso del marcatore <ref>: non è stato indicato alcun testo per il marcatore F28
  2. ^ a b Gilbert, p. 752.
  3. ^ Errore nelle note: Errore nell'uso del marcatore <ref>: non è stato indicato alcun testo per il marcatore F19
  4. ^ Keegan, p. 575.
  5. ^ Frank, p. 157.
  6. ^ Comprese navi da trasporto e navi affondate durante l'operazione Ten-Go
  7. ^ (EN) At 60th anniversary, Battle of Okinawa survivors recall 'Typhoon of Steel', su stripes.com. URL consultato il 20 novembre 2015 (archiviato il 5 aprile 2020).
  8. ^ (EN) Frank Senauth, The Making of the Philippines, su books.google.it. URL consultato il 20 novembre 2015 (archiviato il 21 novembre 2015).

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