Bettino Craxi

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Bettino Craxi
Craxi nel 1984

Presidente del Consiglio dei ministri
della Repubblica Italiana
Durata mandato4 agosto 1983 –
18 aprile 1987
Capo di StatoSandro Pertini
Francesco Cossiga
Vice presidenteArnaldo Forlani
PredecessoreAmintore Fanfani
SuccessoreAmintore Fanfani

Presidente del Consiglio europeo
Durata mandato1º gennaio 1985 –
30 giugno 1985
PredecessoreGarret FitzGerald
SuccessoreJacques Santer

Segretario del Partito Socialista Italiano
Durata mandato16 luglio 1976 –
11 febbraio 1993
PredecessoreFrancesco De Martino
SuccessoreGiorgio Benvenuto

Deputato della Repubblica Italiana
Durata mandato5 giugno 1968 –
14 aprile 1994
LegislaturaV, VI, VII, VIII, IX, X, XI
Gruppo
parlamentare
Partito Socialista Italiano
CircoscrizioneV-VIII; XI: Milano
IX-X: Napoli
Incarichi parlamentari
VII legislatura:
Sito istituzionale

Europarlamentare
Durata mandato17 luglio 1979 –
4 agosto 1983

Durata mandato25 luglio 1989 –
30 giugno 1992
LegislaturaI, III
Gruppo
parlamentare
Gruppo Socialista
CircoscrizioneItalia nord-occidentale
Sito istituzionale

Dati generali
Partito politicoPartito Socialista Italiano
Titolo di studioDiploma di liceo classico
Laurea in giurisprudenza
(ad honorem)
Laurea in scienze politiche
(ad honorem)
Università
ProfessionePolitico; dirigente di partito
FirmaFirma di Bettino Craxi

Bettino Craxi, vero nome Benedetto Craxi (IPA: [betˈtiːno ˈkraksi]; Milano, 24 febbraio 1934Hammamet, 19 gennaio 2000), è stato un politico italiano, Presidente del Consiglio dei ministri dal 4 agosto 1983 al 18 aprile 1987 e segretario del Partito Socialista Italiano dal 16 luglio 1976 all'11 febbraio 1993.

È stato uno degli uomini politici più rilevanti e influenti nella storia della Repubblica Italiana, in particolare negli anni 1980.[1][2] Fu anche il primo socialista ad aver rivestito l'incarico di Presidente del Consiglio dei Ministri. Craxi aveva una forte sintonia con leader della sinistra europea come Felipe González e Mário Soares, e s'impegnò fortemente per l'affermazione del "socialismo mediterraneo".[3]

Coinvolto nelle inchieste di Mani pulite condotte dai giudici di Milano agli inizi degli anni 1990, subì due condanne definitive per corruzione e finanziamento illecito al Partito Socialista Italiano e morì mentre erano in corso altri quattro processi contro di lui.[4] Egli respinse fino all'ultimo l'accusa di corruzione, mentre ammise di essere a conoscenza del fatto che il PSI aveva accettato finanziamenti illeciti, affermando che «per decenni» tutti i partiti si erano finanziati illegalmente senza mai essere «oggetto di denunce», con atteggiamenti di «complicità».[5] Il partito e i governi di Craxi vennero sostenuti anche da Silvio Berlusconi, con il quale il leader socialista aveva instaurato un rapporto di amicizia, rimanendone politicamente distante ma non avverso.[6]

Ancora oggi, a diversi anni dalla morte, la sua memoria suscita sentimenti controversi. Quelli di apprezzamento si rivolgono a lui come precursore della modernizzazione del Paese e della politica italiana.[7] Quelli di esecrazione sono cagionati dalle condanne riportate a seguito delle indagini di Tangentopoli e della sua decisione di fuggire dall'Italia. Peraltro, sotto il suo governo, tra il 1983 e il 1987, il debito pubblico passò da 232 386 milioni a 463 083 milioni e il rapporto debito-PIL dal 69,4% all'89,2%, secondo i dati Irpef.[8] Il successivo passaggio della lira dalla banda larga alla banda stretta del Sistema monetario europeo, voluto dal governatore della Banca d'Italia Carlo Azeglio Ciampi, e la conseguente speculazione finanziaria del cosiddetto mercoledì nero resero necessaria da parte del governo Amato I una manovra da 93 000 miliardi, riformando le pensioni e attuando il contestatissimo prelievo forzoso del 6‰ dai conti correnti italiani.[9]

Recatosi a Hammamet, in Tunisia, mentre erano ancora in corso i procedimenti giudiziari nei suoi confronti, morì latitante,[10][11][12] mentre per i suoi sostenitori fu vittima di una giustizia politicizzata, sostenuta dai media, che lo avrebbe costretto all'esilio[13][14] in Tunisia.

  1. ^ Stefano Folli, LA VERA EREDITA' DI UNO SCONFITTO, in Corriere della Sera, 21 gennaio 2000, p. 1 (archiviato dall'url originale l'11 dicembre 2015).
  2. ^ Miriam Mafai, Le due anime del leader che volle conquistare l'Italia (PDF), in la Repubblica, 14 gennaio 2010.
  3. ^ (ES) Craxi, González y Soares coinciden en que la incorporación de España y Portugal supone un nuevo impulso para la CEE, in El País, 10 aprile 1985. URL consultato il 29 gennaio 2022.
  4. ^ Craxi, tutti i processi e le condanne, in la Repubblica, Roma, 19 gennaio 2000.
  5. ^ Piero Colaprico, Craxi e Tangentopoli: l'ultimo memoriale, in la Repubblica, Milano, 21 gennaio 2000, p. 6.
  6. ^ Il socialismo berlusconiano, su esmartstart.com (archiviato dall'url originale il 15 dicembre 2008).
  7. ^ Federico Di Bisceglie, Craxi, la sinistra e le riforme che ancora il Paese aspetta. Parla Pellicani, in Formiche.net, 19 gennaio 2020.
  8. ^ Chi ha creato il debito pubblico italiano?, su Irpef.info, 29 marzo 2019. URL consultato il 6 agosto 2022.
  9. ^ Bettino Craxi, «statista come De Gasperi e Churchill», «sconfitto dallo status quo», «atletico»: 20 anni dopo è beatificazione, in tv e sui giornali, su Il Fatto Quotidiano, 19 gennaio 2020. URL consultato il 19 gennaio 2020.
  10. ^ Sindrome “Craxi”, vent’anni fa, su lastampa.it, 11 aprile 2014. URL consultato il 29 gennaio 2022.
  11. ^ "Craxi? Un politico morto da latitante", su Il Fatto Quotidiano, 30 dicembre 2009. URL consultato il 29 gennaio 2022.
  12. ^ Perché si riabilita Craxi, su L'Espresso, 30 dicembre 2009. URL consultato il 29 gennaio 2022.
  13. ^ 5 MAGGIO (1994): Bettino Craxi esule, non latitante. - IurisPrudentes.it, su iurisprudentes.it, 4 gennaio 2015. URL consultato il 29 gennaio 2022.
  14. ^ Il Cav ricorda Craxi: "La morte in esilio pagina vergognosa", su ilGiornale.it, 18 gennaio 2015. URL consultato il 29 gennaio 2022.

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