Chimica bioortogonale

Il termine chimica bioortogonale si riferisce a qualsiasi reazione chimica che avvenga all'interno di un organismo vivente senza interagire né interferire con i numerosissimi processi biochimici naturali concomitanti.[1][2][3] Il termine bioortogonale è stato coniato da Carolyn R. Bertozzi nel 2003.[4] Fin dalla sua introduzione, la chimica bioortogonale ha permesso di studiare biomolecole come glicani, proteine,[5] e lipidi[6] in tempo reale in sistemi viventi senza creare problemi di tossicità cellulare.

La chimica bioortogonale permette di studiare molecole biologiche nel loro ambiente naturale. Tipicamente l'utilizzo della chimica bioortogonale avviene in due fasi. In primo luogo si inserisce un gruppo funzionale estraneo (detto reporter chimico) in un substrato biologico; i substrati possono essere metaboliti, inibitori enzimatici, ecc. Il reporter chimico non deve alterare in modo significativo la struttura del substrato per evitare di comprometterne la normale attività biologica. Successivamente il substrato biologico funzionalizzato viene marcato tramite una reazione chimica bioortogonale, legando al reporter un gruppo funzionale complementare collegato ad una sonda opportuna (ad esempio un marcatore fluorescente).

Marcatura bioortogonale di una cellula. Nella prima reazione la cellula viene funzionalizzata con il reporter chimico X. Nella seconda reazione il reporter X reagisce con il gruppo Y, a sua volta legato ad una sonda opportuna (la stella). Il processo è considerato bioortogonale quando i due componenti X e Y non perturbano in alcun modo il normale funzionamento chimico della cellula.

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