Crollo del mercato azionario del 2020

Il crollo del mercato azionario del 2020 è un crollo del mercato azionario globale ancora in atto, iniziato il 20 febbraio 2020.

Il 12 febbraio il Dow Jones Industrial Average, il NASDAQ Composite e l’Indice S&P 500 hanno tutti chiuso a massimi record (il NASDAQ e lo S&P 500 hanno raggiunto ulteriori massimi record il 19 febbraio). Dal 24 al 28 febbraio, i mercati azionari mondiali hanno riportato il loro più ampio calo settimanale dalla crisi finanziaria del 2008, entrando pertanto in una correzione. A inizio marzo i mercati globali sono divenuti estremamente volatili e si sono verificate grandi oscillazioni. Il 9 marzo, la maggior parte dei mercati globali ha riportato severe contrazioni, principalmente in risposta alla pandemia di COVID-19 e alla guerra dei prezzi del petrolio tra la Russia e i paesi dell’OPEC guidati dall’Arabia Saudita. Questo giorno è comunemente noto come il Lunedì Nero (Black Monday). Allora, ha rappresentato il calo peggiore dalla grande recessione nel 2008.

Tre giorni dopo il Lunedì Nero, c’è stato un altro calo, il Giovedì Nero, nel quale i titoli azionari europei e nordamericani sono caduti più del 9%. Wall Street ha sperimentato il suo maggior calo percentuale in un solo giorno dal Black Monday del 1987, mentre l’FTSE MIB della Borsa Italiana è sceso di circa il 17%, diventando il mercato più colpito durante il Black Thursday. Nonostante un rally temporaneo il 13 marzo (nel quale i mercati hanno postato la loro miglior giornata dal 2008), tutti e tre gli indici di Wall Street sono caduti oltre il 12% alla riapertura dei mercati il 16 di marzo. Almeno un indice del mercato azionario di riferimento in tutti i paesi del G7 e 14 dei paesi del G20 hanno affermato di essere in un mercato ribassista.

Nel crollo di marzo 2020, i titoli azionari globali hanno visto una flessione di almeno il 25% e del 30% nella maggior parte dei paesi del G20. Il 20 marzo, Goldman Sachs ha avvertito che entro la fine del secondo trimestre 2020 il PIL statunitense si sarebbe contratto del 29% e che la disoccupazione avrebbe potuto salire vertiginosamente almeno al 9%. Scott Morrison, il Primo ministro australiano, ha definito che l’incombente crisi economica era “simile alla Grande Depressione”.


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