De rerum natura

La natura delle cose
(De rerum natura)
Titolo originaleDe rerum natura
Altri titoliLa natura
Manoscritto del De rerum natura risalente al 1483
AutoreTito Lucrezio Caro
1ª ed. originaleI secolo a.C.
1ª ed. italiana1717
Editio princepsBrescia, Tommaso Ferrando, 1473
Generepoema
Sottogenerefilosofico
Lingua originalelatino

De rerum natura ("La natura delle cose" o "Sulla natura") è un poema didascalico latino in esametri di genere epico-filosofico, scritto da Tito Lucrezio Caro nel I secolo a.C.; è composto di sei libri raggruppati in tre diadi. Venne riscoperto nella biblioteca dell'Abbazia di San Gallo, in Svizzera, dall'umanista e storico Poggio Bracciolini nel 1417 e fu ricopiato da Niccolò Niccoli (inventore dei caratteri corsivi[1]).

La tragica fine del sesto libro (la peste di Atene) ha fatto pensare all’incompiutezza dell’opera di Lucrezio poiché questa era in netto contrasto con l’inizio del primo libro (inno a Venere). Tuttavia il numero dei libri scritti da Lucrezio rientra nel filone epico-didascalico: infatti si attribuisce in genere l’appartenenza a questo filone delle opere composte da sei libri o multipli di sei.

In questo poema il filosofo e poeta latino si fa portavoce delle teorie epicuree riguardo alla realtà della natura retta da un "ordine naturale" indipendente dagli dei e al ruolo dell'uomo in un universo atomistico, materialistico e meccanicistico: si tratta di un richiamo alla responsabilità personale e di un incitamento al genere umano affinché prenda coscienza della realtà, nella quale gli uomini sin dalla nascita sono vittime di passioni che non riescono a comprendere. La principale fonte dell'epos lucreziano, infatti, è il Περὶ φύσεως (perì fuseos) di Epicuro. L'autore si assume il compito di fornire agli uomini gli strumenti per eliminare le paure e raggiungere l'atarassia, ovvero l'assenza di turbamento propria del saggio, l'unico capace di ottenere una vittoria razionale sui sentimenti.


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