Edmund Burke

«L'età della cavalleria è finita. Quella dei sofisti, degli economisti e dei contabili è giunta; e la gloria dell'Europa giace estinta per sempre»

Edmund Burke
Reynolds, Edmund Burke
Olio su tela, 1771
(National Portrait Gallery, Londra)

Paymaster of the Forces
Durata mandato27 marzo 1782 –
1º luglio 1782
MonarcaGiorgio III
Capo del governoMarchese di Rockingham
PredecessoreRichard Rigby
SuccessoreIsaac Barré

Durata mandato2 aprile 1783 –
19 dicembre 1783
MonarcaGiorgio III
Capo del governoDuca di Portland
PredecessoreIsaac Barré
SuccessoreLord Grenville

Dati generali
Prefisso onorificoThe Right Honourable
Suffisso onorificoPC
Partito politicoWhig
UniversitàTrinity College, Dublino
FirmaFirma di Edmund Burke

Edmund Burke, detto il Cicerone britannico (/ˈed.mənd bɜːk/; Dublino, 12 gennaio 1729Beaconsfield, 9 luglio 1797), è stato un politico, filosofo e scrittore britannico di origine irlandese, nonché uno dei principali precursori ideologici del Romanticismo inglese[2].

Per più di vent'anni sedette alla Camera dei comuni come membro del partito Whig (i liberali), avversari dei Tories (conservatori). Viene ricordato soprattutto per il suo sostegno alle rivendicazioni delle colonie americane contro re Giorgio III, anche se si oppose alla loro indipendenza,[3] controversia che condusse alla guerra d'indipendenza americana (contribuendo poi alla pacificazione con gli Stati Uniti nascenti), nonché per la sua opposizione alla Rivoluzione francese, espressa nelle Riflessioni sulla Rivoluzione in Francia. Il dibattito sulla rivoluzione rese Burke una delle figure principali della corrente liberal-conservatrice del partito Whig (che soprannominò Vecchi Whig) in opposizione ai Nuovi Whig filo-rivoluzionari, guidati da Charles James Fox.[2]

La polemica di Burke sulla Rivoluzione francese stimolò il dibattito in Inghilterra in modo molto ampio. Ad esempio l'anglo-americano Thomas Paine rispose alle Riflessioni con I diritti dell'uomo, mentre William Godwin scrisse l'Inchiesta sulla giustizia politica, condannando gli esiti sanguinosi della rivolta, ma senza ripudiare i principi che l'avevano ispirata, come fece invece Burke. Le Riflessioni suscitarono anche la reazione della filosofa proto-femminista Mary Wollstonecraft, che replicò prima in forma anonima sulla Analytical Review e poi, visto il successo della polemica, firmando col proprio nome nel pamphlet A Vindication of the Rights of Men, in a Letter to the Right Honourable Edmund Burke, (1790), che è considerato uno dei primi interventi politici del femminismo moderno.

Burke ha elaborato una filosofia complessa e articolata[4], pubblicando persino un'opera sull'estetica che ebbe una certa influenza[2], e collaborò attivamente con l'Annual Register.

  1. ^ La frase venne scritta quando Burke seppe che la plebe di Parigi aveva fatto irruzione negli appartamenti della regina Maria Antonietta (La politica e gli Stati, a cura di Raffaella Gherardi, pag 239, ISBN 978-88-430-5992-8.)
  2. ^ a b c Diego Fusaro (a cura di), Edmund Burke: vita, pensiero e opere, da filosofio.net
  3. ^ La posizione di Burke era favorevole alle proteste sollevate dai coloni contro l'abuso del potere regio in quanto a suo parere - come poi si verificò - quest'ultimo avrebbe potuto portare ad un vero e proprio scontro bellico tra i coloni e la madrepatria, cosa che la Gran Bretagna doveva assolutamente evitare. Proprio per questo egli, pur comprendendone le richieste, si oppose nettamente all'indipendenza delle colonie americane.
  4. ^ Giacomo Maria Arrigo, La filosofia morale di Edmund Burke. Culture, tradizioni, civiltà., Roma, Carocci, 2023.

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