HMS Endeavour

HMS Endeavour
La HMS Endeavour al largo delle coste della Nuova Olanda, Samuel Atkins, 1794
Descrizione generale
Tipobrigantino a palo a tre alberi
Proprietà Royal Navy
CantiereFishburn, Whitby
Varogiugno 1764
Entrata in servizio28 marzo 1768 come Earl of Pembroke[1]
Radiazione Royal Navy
Destino finaleAffondata, Newport, 1778
Caratteristiche generali
Dislocamento36871/94[2]
Lunghezza32 m
Larghezza8,92 m
Altezza5,8 m
Propulsionea vela, full rigged ship[N 1], 2777  di vele
Velocitànodi (15 km/h)
Equipaggio85-94
Armamento
Artiglieriacannoni[3]:
  • 10 cannoni da 4 libbre
  • 12 cannoni girevoli
Australian National Maritime Museum.au[4]
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La HMS Endeavour, nota anche come HM Bark Endeavour, era una nave oceanografica britannica della Royal Navy che il tenente James Cook comandò tra il 1769 e il 1771 durante il suo primo viaggio di esplorazione in Australia e Nuova Zelanda.

Fu varata nel 1764 come carboniera Earl of Pembroke, e la Marina la acquistò nel 1768 per una missione scientifica nell'Oceano Pacifico e per esplorare i mari del Sud a caccia delle prove dell'esistenza dell'ipotetico continente Terra Australis incognita. La Marina la trasformò in un brigantino a palo, la rinominò e la rimise in servizio come His Majesty's Bark the Endeavour. Con a bordo diversi scienziati salpò quindi da Plymouth nell'agosto del 1768, doppiò Capo Horn e raggiunse Tahiti in tempo per osservare il transito di Venere davanti al sole. Dispiegò quindi le vele verso quella parte dei mari del Sud ancora in gran parte inesplorata, fermandosi presso le isole del Pacifico di Huahine, Bora Bora e Raiatea che Cook rivendicò per la Gran Bretagna. Nel settembre del 1769 ancorò al largo della Nuova Zelanda: era la prima nave europea a raggiungere le isole dopo la Heemskerck di Abel Tasman 127 anni prima.

Quando nel mese di aprile 1770 Cook sbarcò in quella che oggi è nota come Botany Bay, l'Endeavour divenne la prima nave europea a raggiungere la costa est dell'Australia. Il vascello navigò poi verso Nord lungo la costa australiana ed evitò per un soffio un disastroso incagliamento sulla Grande barriera corallina ma Cook, per alleggerirla e liberarla, fu costretto a gettare alcuni dei suoi cannoni in mare. Fu quindi arenata sulla terraferma per sette settimane per consentire le prime sommarie riparazioni dello scafo. Ripresa la navigazione, il 10 ottobre 1770 entrò arrancando nel porto di Batavia, l'attuale Giacarta nelle Indie orientali olandesi, per le riparazioni più accurate mentre Cook faceva giurare al suo equipaggio di mantenere il più stretto riserbo sulle terre che avevano scoperto ed esplorato. Riprese finalmente il suo viaggio verso ovest il 26 dicembre, doppiò il Capo di Buona Speranza il 13 marzo 1771 e raggiunse il porto inglese di Dover il 12 luglio. Era stata in mare per quasi tre anni.

In gran parte dimenticata dopo il suo epico viaggio, l'Endeavour trascorse i tre anni successivi alla spedizione presso i depositi della Marina alle Isole Falkland. Rinominata e venduta a privati nel 1775, tornò brevemente in servizio navale e fu adibita a trasporto truppe durante la guerra d'indipendenza americana. Nel 1778 fu autoaffondata durante l'assedio della Baia di Narragansett. Il suo relitto non fu mai localizzato con precisione, ma alcuni resti, tra cui sei dei suoi cannoni e un'ancora, sono oggi in mostra in diversi musei del mare sparsi per il mondo. Una replica dell'Endeavour è stata varata nel 1994 ed è oggi ormeggiata presso l'Australian National Maritime Museum nel porto di Sydney. Lo Space Shuttle Endeavour fu così battezzato proprio in onore della nave di Cook. L'Endeavour appare anche sulla moneta da cinquanta centesimi della Nuova Zelanda.

  1. ^ C. Knight, H.M. Bark Endeavour, in Mariner's Mirror, vol. 19, United Kingdom, Nautical Research Guild, 1933, pp. 292–302.
  2. ^ A.H. McLintock (a cura di), Ships, Famous, in An Encyclopedia of New Zealand, Ministry for Culture and Heritage/Te Manatū Taonga, Government of New Zealand, 1966. URL consultato il 5 maggio 2009.
  3. ^ Marquardt 1995, p. 13.
  4. ^ James Cook's HMB Endesvour (PDF), su anmm.gov.au. URL consultato il 9 gennaio 2013 (archiviato dall'url originale il 30 ottobre 2008).


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