Imperatore in patria, re all'estero | |
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Nome cinese | |
Cinese tradizionale | 外王内帝 |
Nome giapponese | |
Kanji | 外王内帝 |
Nome coreano | |
Hangŭl | 외왕내제 |
Hanja | 外王內帝 |
Per "Imperatore in patria, re all'estero" (zh. 外王内帝T, lett. "All'esterno Wáng, all'interno Dì") s'intenda una tipologia di relazione internazionale precipua della sinosfera al tempo dell'Impero cinese nella quale i sovrani degli stati satellite della Cina adottavano il titolo di imperatore (zh. 帝T, DìP o altri equivalenti) e/o altri titoli imperiali a livello nazionale e il titolo di re (zh. 王T, WángP o altri equivalenti) nei loro rapporti diplomatici con l'Impero celeste. Nel protocollo cinese, i monarchi stranieri era pertanto chiamati Altezza (zh. 殿下T) mentre Maestà Imperiale e Maestà (zh. 陛下T) restavano precipui dell'Imperatore della Cina. Questo sistema era applicato, tra gli altri, al Giappone, alla Corea e ai potentati del Vietnam (fond. Dai Viet), nonché agli stati cinesi non ancora parte dell'Impero: es. il Regno di Dali, nell'attuale provincia cinese dello Yunnan.
Poiché la Cina è stata una potenza egemonica nell'Asia orientale per gran parte della sua storia, gli stati circostanti furono costretti a rendere omaggio agli imperatori cinesi in cambio di pace, legittimazione politica e libero scambio di merci, idee, personale tecnico, ecc. In questo sistema, i regimi minori accettavano la sovra-sovranità della Cina e riconoscevano l’imperatore cinese come loro signore supremo nominale. Poiché gli imperatori cinesi affermavano di essere il Figlio del Cielo (zh. 天子T, TiānzǐP) e detenevano la supremazia su 天下T, Tiān XiàP, T'ien¹-Hsia⁴W, lett. "Tutto [ciò che si trova] sotto il Cielo", i sovrani degli stati satellite dovevano usare titoli subordinati a quello dell'Imperatore. La medesima dottrina politica sosteneva inoltre che era possibile l'esistenza di un solo imperatore alla volta.
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