L'intermediazione linguistica è l’atto di interpretare e tradurre tra persone con differenti idiomi e culture e di mediare le interazioni in una varietà di situazioni.[1] È stato definito come una pratica di traduzione informale nei contesti di contatto linguistico e di immigrazione in cui i bambini e gli adolescenti bilingue fungono da traduttori per i membri della loro famiglia, si tratta di un fenomeno in cui i bambini di persone immigrate o rifugiati fungono d intermediari culturali e linguistici, sia per la loro famiglia che per i membri della comunità.
I contesti in cui avviene l'intermediazione sono connessi con le caratteristiche dei mediatori tra cui: lo stato di immigrazione (generalmente i mediatori sono figli di immigrati o immigrati loro stessi), l’età e le dinamiche familiari. Spesso l'intermediazione linguistica ha luogo in contesti più formali come possono essere quelli ospedalieri, degli uffici statali, banche, scuole o negozi, in cui il bambino si trova a mediare per i genitori al fine di permettergli un’interazione efficace. Quanto detto vale chiaramente anche per le dinamiche quotidiane e più informali, che avvengono fuori e dentro casa come fare la spesa o guardare la tv.
L'intermediazione linguistica però non avviene esclusivamente all’interno di dinamiche familiari, infatti se il costrutto viene inteso nella sua accezione più generale di mediazione linguistica tra parti, si comprende come questo possa essere esercitato anche semplicemente tra persone adulte. Per fornire un esempio nello studio di Delgado-Romero si è visto come l'intermediazione linguistica possa essere presente anche nei contesti universitari: gli autori propongono un articolo su mediatori bilingue, come consulenti di salute mentale, i quali si occupano di creare e operare programmi nel contesto universitario per clienti multilingue.[2]
Sebbene possa esserci un intermediario linguistico designato in famiglia, molti genitori parlano e/o capiscono abbastanza l’inglese da essere partecipanti attivi nel processo di traduzione, spesso con conseguente esperienza di intermediazione collaborativa. Per alcune famiglie infatti gli eventi di intermediazione sono fondamentalmente collaborativi, in quanto i membri della famiglia lavorano insieme verso un obiettivo comune.
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