Lingue d'Italia

Diffusione delle lingue regionali e dei dialetti nella Repubblica Italiana, ivi comprese le isole linguistiche.
Idiomi romanzi

     Catalano (CA)

     Francoprovenzale (FP)

     Occitano (PR)

     Sardo (SA)

     Friulano (FU)

     Ladino (LA)

     Piemontese (PI)

     Ligure (LI)

     Lombardo (LO)

     Emiliano (EM)

     Romagnolo (RO)

     Gallico marchigiano (GM)

     Gallo-italico di Basilicata (GB)

     Gallo-italico di Sicilia (GS)

     Veneto (VE)

     Italo-romanzo meridionale (Slt)

     Italo-romanzo meridionale estremo (Sl)

     Sassarese / Gallurese (CO)

     Toscano (TO)

     Italo-mediano (Clt)

Idiomi germanici

     Sudtirolese (ST)

     Bavarese centrale (CB)

     Cimbro (CI)

     Mòcheno (MO)

     Walser (WA)


Idiomi slavi

     Sloveno (SL)

     Croato (SC)


Altri idiomi

     Albanese (AL)

     Greco italiota (GC)

Le lingue dell'Italia costituiscono uno dei più ricchi e variegati patrimoni linguistici all'interno del panorama europeo[1][2][3].

Ad eccezione di taluni idiomi stranieri legati ai moderni flussi migratori, le lingue che vi si parlano comunemente sono in via esclusiva di ceppo indoeuropeo e appartenenti in larga prevalenza alla famiglia delle lingue romanze; sono presenti, altresì, varietà albanesi, germaniche, greche e slave.

La lingua ufficiale (de iure) della Repubblica Italiana, l'italiano, discende storicamente dalla variante letteraria del volgare toscano, il cui uso in letteratura è iniziato con le cosiddette "Tre Corone" (Dante, Petrarca e Boccaccio) verso il XIII secolo, e si è in seguito evoluto storicamente nella lingua italiana moderna; questa, con l'eccezione di alcune aree di più tarda italianizzazione[4], sarebbe stata ufficialmente adottata come codice linguistico di prestigio presso i vari Stati preunitari a partire dal XVI secolo.[5]

Ciononostante, la lingua italiana – utilizzata in letteratura e nell'amministrazione in maniera principalmente scritta, e di conseguenza coesistente in diglossia con i differenti vernacoli locali utilizzati nel parlato – al momento dell'unificazione politica di gran parte dell'Italia nel Regno sabaudo, nel 1860, era parlata da una minoranza della popolazione costituita fondamentalmente dalle classi colte o semplicemente istruite,[6] ma poté in seguito diffondersi tra le masse popolari mediante l'istruzione obbligatoria, nonché grazie al contributo, non meno determinante e più recente, della televisione. Sino all'emanazione della legge 482/99, l'avvento della televisione vide escluso l'uso dei dialetti e delle lingue di minoranza, salvo quanto previsto dagli accordi internazionali sottoscritti dall'Italia dopo la seconda guerra mondiale a favore delle minoranze linguistiche tedesca della provincia di Bolzano, slovena della regione Friuli-Venezia Giulia e francese della Valle d'Aosta.

Dal punto di vista degli idiomi locali preesistenti esclusivamente nel parlato, ne consegue un processo di erosione linguistica e di minorizzazione, processo accelerato sensibilmente dall'ampia disponibilità di mezzi di comunicazione di massa in lingua italiana e dalla mobilità della popolazione, oltre ad una scarsa volontà politica di riconoscere una minima valenza culturale ai "dialetti". Questo tipo di cambiamenti e volontà politica ha ridotto sensibilmente l'uso degli idiomi locali, molti dei quali sono ormai considerati in pericolo di estinzione, principalmente a causa dell'avanzare della lingua italiana anche nell'ambito strettamente sociale e relazionale[7].

La normativa prevede invece la tutela delle minoranze linguistiche, soprattutto attraverso l'articolo 6 della Costituzione (La Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche.) e la legge 482/1999 (... la Repubblica tutela la lingua e la cultura delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l'occitano e il sardo). La stessa legge 482/99 prevede anche l'obbligo, in capo alla RAI, di trasmettere anche nelle lingue delle dodici minoranze linguistiche.

Secondo Tullio De Mauro, il plurilinguismo "italiano più dialetti o una delle tredici lingue di minoranza" (egli vi includeva anche il romaní, poi escluso dall'art. 2 della L. 482/1999 perché privo dell'elemento della "territorialità") gioca un ruolo positivo in quanto «i ragazzi che parlano costantemente e solo italiano hanno punteggi meno brillanti di ragazzi che hanno anche qualche rapporto con la realtà dialettale»[8].

  1. ^ Maiden-Parry 1997, p. 1: «Italy holds especial treasures for linguists. There is probably no other area of Europe in which such a profusion of linguistic variation is concentrated into so small a geographical area». (EN)
  2. ^ Avolio 2015, p. 11: «[...] il paese europeo più ricco e differenziato dal punto di vista delle varietà di lingua».
  3. ^ Berruto 2018, p. 494.
  4. ^ A titolo di esempio, si potrebbe citare la situazione occorrente nel Regno di Sardegna sabaudo. Nel possedimento insulare del Regno, il ruolo di lingua tetto era stato adempiuto non dall'italiano, a differenza della vicina Corsica, bensì dalle lingue iberiche fino alla seconda metà del Settecento; fu intorno a tale periodo che l'italiano vi sarebbe stato introdotto ufficialmente per mezzo di norme mirate alla diffusione di detta lingua tra gli isolani: tale manovra ineriva a un allineamento di tale territorio verso l'orbita egemonica del Piemonte, nel quale l'italiano era, invece, già stato eletto come lingua ufficiale ben due secoli prima. In Valle d'Aosta e Savoia, al contrario, era e sarebbe stato ancora il francese a occupare a lungo una posizione di prestigio. Cfr. Ines Loi Corvetto, I Savoia e le "vie" dell'unificazione linguistica, in Ignazio Putzu, Gabriella Mazzon, Lingue, letterature, nazioni. Centri e periferie tra Europa e Mediterraneo, 2012.; Eduardo Blasco Ferrer, Peter Koch, Daniela Marzo, Manuale di linguistica sarda, De Gruyter, 2017.; Tullio De Mauro, Storia linguistica dell'Italia unita, Bari, Editori Laterza, 1991.
  5. ^ Enciclopedia Treccani: Storia della lingua italiana e del suo utilizzo negli Stati preunitari, su treccani.it.
  6. ^ M. Voghera - Università di Salerno. 4. Le lingue d'Italia (italiano - dialetti): Com'è noto l'Italia ha vissuto fino ad anni molto recenti una situazione di diffusa e profonda diglossia) (PDF), su parlaritaliano.it.
  7. ^ Dialetti, su Treccani. URL consultato il 20 marzo 2024.
  8. ^ Tullio De Mauro, Distanze linguistiche e svantaggio scolastico: «L’Italia d’oggi continua a essere solcata da cospicue differenze di lingua tra coloro che praticano abitualmente il solo italiano o, accanto all’italiano, anche un dialetto (o una delle tredici lingue di minoranza) (...). L’aspetto più interessante, coincidente con risultati ottenuti in altre parti del mondo, è che la presenza del dialetto in famiglia non è di per sé correlata a bassi punteggi. Lo è se è una presenza esclusiva, ma i dati fanno vedere che una componente dialettale accanto all’italiano non disturba e addirittura sembra giocare un ruolo positivo: ragazzi che parlano costantemente e solo italiano hanno punteggi meno brillanti di ragazzi che hanno anche qualche rapporto con la realtà dialettale. Assai più che l’idioma parlato a casa, altri fattori incidono sui livelli di comprensione di testi(…)» (tratto da: Adriano Colombo, Werther Romani (a cura di), “È la lingua che ci fa uguali”. Lo svantaggio linguistico: problemi di definizione e di intervento, Quaderni del Giscel, La Nuova Italia, Firenze 1996, pp. 13-24) http://giscel.it/wp-content/uploads/2018/04/Tullio-De-Mauro-Distanze-linguistiche-e-svantaggio-scolastico.pdf

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