Myricae

Myricae
Frontespizio della settima edizione
AutoreGiovanni Pascoli
1ª ed. originale1891
Genereraccolta di poesie
Lingua originaleitaliano

Myricae è una raccolta di poesie di Giovanni Pascoli, pubblicata in successive edizioni tra il 1891 e il 1911 (anno dell'edizione definitiva).

L'opera rappresenta l'ultimo esempio di poesia lirica "classica" prima della stagione delle Avanguardie poetiche del Novecento.

Il titolo della raccolta pascoliana deriva da una parte del secondo verso della IV Bucolica di Virgilio «(Non omnis) arbusta iuvant humilesque Myricae», cioè "(Non a tutti) piacciono gli arbusti e le umili tamerici".[1] Questa frase è utilizzata dal Pascoli anche nell'epigrafe dei Canti di Castelvecchio e, in forma più completa (non omnis arbusta...) o insieme al verso precedente variamente "tagliato", come introduzione ad altre sue raccolte poetiche. Virgilio dice di elevare la sua poesia perché non a tutti piacciono gli arbusti e le umili tamerici. Ciò sta a significare che non a tutti piace una poesia semplice. Pascoli riprende questo verso per far intendere che la sua poesia è apparentemente semplice. Egli non usa solo analogie, ma troviamo una poesia fatta di oggetti (aratro, fiori, piccozza) in senso lato, di piccole cose. Per esempio la piccozza che riflette le stelle dell'universo.

Come accaduto per altre grandi raccolte, a cominciare dal Canzoniere di Petrarca, essa si estende per quasi tutto l'arco della produzione poetica dell'autore, così che la storia compositiva di Myricae si può dire coincida con lo sviluppo stesso della coscienza poetica di Pascoli. Per queste ragioni, l'identificazione di una unità strutturale della raccolta non può essere che il risultato di una interpretazione che prenda in considerazione, accanto alla lettura dei testi, gli eventi e le esperienze psicologiche che segnarono l'esistenza del poeta.

  1. ^ Il titolo vuol alludere a una poesia umile. Con intenti simili, Severino Ferrari, grande amico di Pascoli, aveva intitolato una sua raccolta poetica Bordatini (1885), a significare una poesia dimessa.

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