Opet

Opet o Ipet che significa "Luogo del Numero"[1] e più diffusamente chiamato Harem, era l'abitazione riservata alle donne e più genericamente indicava un luogo con numerosa presenza femminile.[2]

È anche conosciuto con il nome Kherenet[3] ovvero "luogo chiuso" perché protetto, segreto e mistico, dove si svolgevano i riti alle numerose divinità protettrici e dove dimoravano le sacerdotesse di Hathor.[4] L'insieme delle donne dell'opet era indicato con Per-khener.[2]

L'Opet reale era l'insieme degli appartamenti e degli edifici dove viveva la famiglia del sovrano con particolare riferimento alle donne e ai bambini. In questo caso, harem è la libera interpretazione del termine egizio Ipt-niswt (Ipet-nesut)[5] che può essere tradotto con "Gineceo del re".[6]

M17Q3
X1
Y1Q1Z3X1
O49

ipt swt

In epoca ramesside la grafia divenne

M17Q3
X1
O45Q1X1
Z2
O49

con il significato di "più eletta delle sedi"

A Luxor, nel grande complesso templare, si trovano le vestigia dell'Opet meridionale, in egizio Opet-resut. Spesso chiamato con il fuorviante "Harem del Sud", era in realtà un sacro luogo custodito dalle sacerdotesse di Amon-Ra, che lo veneravano sotto l'aspetto sincretico del dio Min.[6]

A Karnak, ad est del IV Pilone, l'area riservata alle sacerdotesse era definita Opet-iswt ovvero l'"Opet delle sedi divine"[2]

Karnak IV Pilone

L'Opet, o harem egizio, non deve essere confuso con l'Harem turco, detto anche serraglio, dove le donne erano gelosamente custodite, praticamente recluse e sorvegliate da eunuchi. Al contrario, le donne dell'opet godevano della massima libertà.[5]

  1. ^ Cristian Jacq, Le donne dei faraoni, p. 237
  2. ^ a b c Maurizio Damiano-Appia, Dizionario Enciclopedico dell'antico Egitto e delle civiltà nubiane, p. 207
  3. ^ Florence Maruéjol, L'amore al tempo dei faraoni, p. 64
  4. ^ Cristian Jacq, Le donne dei faraoni, p. 234
  5. ^ a b Salima Ikram, Antico Egitto, pag. 195
  6. ^ a b Mario Tosi, Dizionario Enciclopedico delle Divinità dell'antico Egitto vol.II, p. 301

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