Presidenza di John Adams

Presidenza John Adams
Il presidente John Adams in un ritratto di John Singleton Copley.
StatoBandiera degli Stati Uniti Stati Uniti
Capo del governoJohn Adams
(Partito Federalista)
Giuramento4 marzo 1797
Governo successivo4 marzo 1801

«Abilissimo nel manovrare, acutissimo nell'intuire, Adams appariva troppo al di sopra della massa per non rendersi sgradito. Divenne presidente mentre stava insorgendo una gravissima crisi con la Prima Repubblica francese[1]

La presidenza di John Adams ebbe inizio il 4 marzo 1797 con la cerimonia d'insediamento del presidente degli Stati Uniti d'America e si concluse il 4 marzo 1801. Adams, che aveva servito in qualità di vicepresidente nel corso della presidenza di George Washington, divenne il secondo presidente degli Stati Uniti dopo avere vinto le elezioni presidenziali del 1796.

Unico membro nella storia del Partito Federalista ad essere eletto alla presidenza, la sua amministrazione si concluse dopo un solo mandato a causa della sconfitta subita alle elezioni presidenziali del 1800. Gli succedette il suo vice Thomas Jefferson, esponente di punta del Partito Democratico-Repubblicano.

Quando Adams entrò in carica, le guerre rivoluzionarie francesi stavano causando gravi difficoltà ai mercantili statunitensi in alto mare e suscitavano al contempo un acceso dibattito tra i sostenitori delle diverse correnti politiche a livello nazionale. Il suo mandato fu caratterizzato da uno stato di "quasi-guerra", una belligeranza non dichiarata contro la Prima Repubblica francese combattuta principalmente nell'arcipelago dei Caraibi.

Il conflitto nacque principalmente dal cosiddetto "affare XYZ", scoppiato durante il primo anno della presidenza, che aveva le sue radici nello stato turbolento delle relazioni franco-americane dopo lo scoppio della rivoluzione francese nel 1789. Nel 1798, le ripetute aggressioni contro le spedizioni mercantili statunitensi fecero aumentare di conseguenza la possibilità di un'entrata in guerra degli Stati Uniti d'America contro i rivoluzionari francesi. Adams impartì personalmente un'espansione della Marina militare statunitense e la creazione susseguente del Dipartimento della Marina che la gestisse. Le crescenti spese che ne seguirono richiesero un aumento del gettito federale e il Congresso approvò in tal senso la Direct Tax of 1798, la prima forma di tassazione legata al Governo federale. Tali misure contribuirono al malcontento economico del ceto medio e l'esplosione di disordini interni, quali la cosiddetta "rivolta di Fries" avvenuta nella Pennsylvania.

Come risposta ai disordini il quinto Congresso approvò quattro progetti di legge, noti collettivamente come Alien and Sedition Acts ("leggi sullo straniero e sulla sedizione"); essi resero più difficile agli immigrati l'ottenimento della cittadinanza statunitense, permisero al presidente di far imprigionare ed espellere persone ritenute pericolose o provenienti da una nazione ostile, e infine resero penalmente perseguibile la falsa testimonianza e le critiche nei confronti del governo federale. La maggioranza federalista sostenne che rafforzavano la sicurezza nazionale durante un periodo di conflitto, mentre i Repubblicani-Democratici le criticarono aspramente.

La firma autografa del presidente.

L'opposizione alla "quasi-guerra" e alle nuove leggi, così come la rivalità all'interno del suo stesso partito tra Adams e Alexander Hamilton, contribuirono in maniera significativa alla vittoria dei "jeffersoniani" nel 1800. Gli storici hanno opinioni contrastanti nel valutare la presidenza di Adams; Samuel Eliot Morison ha scritto che "era per temperamento inadeguato per la presidenza, conosceva più di ogni altro americano, persino di James Madison, la materia delle scienze politiche, ma come amministratore pubblico si trovava a disagio"[2].

Fu tuttavia in grado di evitare un conflitto aperto con i francesi, sostenendo che la guerra dovrebbe essere l'ultima risorsa per la diplomazia; in questo tema ottenne il rispetto dell'intera nazione nonché dei suoi più potenti avversari. Anche se fu duramente criticato per avere firmato le leggi Alien and Sediction, non sostenne mai la loro approvazione né fece uso dei nuovi poteri presidenziali previsti da esse, anzi concesse la grazia agli istigatori della "ribellione Fries". "Visto in questa luce", osservò lo storico C. James Taylor, "l'eredità di Adams è una delle migliori, la capacità di guida morale, lo Stato di diritto, la compassione e una cauta ma attiva politica estera che mirava sia a garantire l'interesse nazionale sia a raggiungere una pace onorevole"[3].

  1. ^ Mario Francini Storia dei presidenti americani Tascabili Newton 1996, pag. 16
  2. ^ Morison, 1965, pp. 346-348.
  3. ^ C. James Taylor, John Adams: Impact and Legacy, su millercenter.org, Miller Center of Public Affairs, University of Virginia. URL consultato l'8 febbraio 2017.

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