Proemio dell'Eneide

Il Proemio dell'Eneide è il testo iniziale del poema epico scritto da Virgilio.

Particolare della mano di VIRGILIO che tiene un rotulus dell’Eneide, dove si legge dal proemio l'invocazione: «Musa, mihi cau/sas memora,/quo numine/laeso quidve» (Aen., I, vv. 8-9). Mosaico romano del III sec. d.C., rinvenuto a Susa, l'antica Hadrumetum, e ora conservato al Museo nazionale del Bardo di Tunisi.

Arma virumque *1 cano *2, Troiae qui primus ab oris
Italiam, fato *4 profugus *3, Laviniaque venit
litora, multum ille et terris iactatus *5 et alto
vi superum, saevae memorem Iunonis ob iram *6,
multa quoque et bello passus *7, dum conderet urbem,
inferretque deos Latio, genus unde Latinum,
Albanique patres, atque altae moenia Romae.
Musa *8, mihi causas memora, quo numine laeso,
quidve dolens, regina deum tot volvere casus
insignem pietate virum *10, tot adire labores *9
impulerit. Tantaene animis caelestibus irae?

«Armi canto *2 e l’uomo *1 che primo dai lidi di Troia venne in Italia fuggiasco *3 per fato *4 e alle spiagge lavinie, e molto in terra e sul mare fu preda *5 / di forze divine, per l’ira ostinata della crudele Giunone *6, / molto sofferse *7 anche in guerra, finch’ebbe fondato / la sua città, portato nel Lazio i suoi dei, donde il sangue / Latino, e i padri Albani e le mura dell’alta Roma. / Musa8, tu dimmi le cause, per quale offesa divina, / per quale dolore la regina dei numi a soffrir tante pene, / a incontrar tante angosce *9 condannò l’uomo pio *10. / Così grandi nell’animo dei celesti le ire!?[1]»


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