Proibizionismo delle droghe

Agenti della Drug Enforcement Administration (DEA) degli Stati Uniti in un esercizio di formazione

Il proibizionismo delle droghe è l'insieme delle normative e politiche volte a ostacolare l'uso a scopo ricreativo di sostanze stupefacenti, psicotrope, inebrianti o che comunque producono significative alterazioni allo stato psicofisico di chi le assume. Si contrappone all'antiproibizionismo e, specificamente, alle politiche di legalizzazione delle droghe.

Molti governi regolano la produzione, la distribuzione, la vendita, il possesso (meno frequentemente) e l'uso di determinate droghe, ad esempio attraverso un sistema di prescrizione medica. Solo alcune droghe sono bandite con un "divieto totale", contro ogni possesso o uso (ad esempio, l'LSD). Le sostanze più ampiamente vietate includono le droghe psicoattive, sebbene il divieto generale si estenda anche ad alcuni steroidi e altri farmaci. Molti governi non considerano penalmente rilevante il possesso di una quantità limitata di determinate sostanze per uso personale, mentre ne vietano la vendita o la produzione, o il possesso in grandi quantità. Alcune leggi stabiliscono una quantità specifica di una particolare sostanza, al di sopra della quale si ritiene ipso jure prova del traffico o della vendita della sostanza.

Alcuni Paesi islamici vietano il consumo di bevande alcoliche (vedere l'elenco dei Paesi con divieto di bevande alcoliche). Molti governi impongono una "tassa sul peccato" sugli alcolici e sui prodotti del tabacco e limitano la vendita o il dono di alcol e tabacco a un minorenne. Altre restrizioni comuni includono il divieto di bere all'aperto e fumare al chiuso. All'inizio del 1900 molti paesi avevano introdotto il divieto di alcol. Tra questi vi erano gli Stati Uniti (1920-1933), la Finlandia (1919-1932), la Norvegia (1916-1927), il Canada (1901-1948), l'Islanda (1915-1922) e l'Impero russo prima e l'URSS poi (1914-1925).


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