Reato d'opinione

Un reato d'opinione è una fattispecie penale che incrimina una determinata manifestazione di pensiero. Negli ordinamenti democratici ciò avviene in deroga alla libertà d'opinione, riconosciuta dalle costituzioni, e pone il problema della legittimità di tali fattispecie, accettabili solo nei limiti in cui altri principi costituzionali si possano ritenere prevalenti sulla libertà di manifestazione del pensiero.

Per il principio di materialità, che impedisce l'incriminazione delle condotte prive di manifestazione esteriore (cogitationis poenam nemo patitur), i reati d'opinione non puniscono, ad onta della loro denominazione comune, le semplici opinioni: queste possono infatti restare del tutto inespresse; al riguardo si è quindi proposta la denominazione di «reato d'espressione», in cui a essere punita è appunto l'espressione di un pensiero in qualunque forma (orale, scritta, non verbale).

L'ambito delle opinioni sanzionate come reati va peraltro enormemente ristretto rispetto a quanto suggerito dal nome, escludendo dal novero le fattispecie (potenzialmente infinite) in cui la manifestazione di pensiero è repressa in ragione degli effetti che produce all'esterno (si pensi ai delitti di ingiuria e diffamazione, dove l'espressione del pensiero è incriminata perché lesiva dell'onore altrui). Caratteristica dei reati d'opinione è infatti la repressione dell'opinione in quanto tale, per il suo solo contenuto, che si assume offensivo di valori morali o sentimenti condivisi.

I reati d'opinione includono ipotesi di vilipendio, propaganda, apologia. Essi derivano storicamente dall'antico delitto di lesa maestà e, anche negli ordinamenti moderni, tendono a tutelare il prestigio delle istituzioni, il sentimento nazionale, quello religioso, il rispetto delle leggi o comunque in generale valori superindividuali di cui si fa portatore lo Stato.


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