Tannino

Il tannino è una classe di composti contenuti in diverse piante con proprietà analoghe a quelle dell’acido tannico, solubili in acqua, di sapore astringente, capaci di precipitare i sali dei metalli pesanti, gli alcaloidi e le proteine. Per questo posseggono proprietà concianti per le pelli animali in quanto reagiscono col collagene e con le altre proteine rendendo il prodotto non putrescibile.

Trovano inoltre impiego nella tintura e nella stampa dei tessuti, nella preparazione di lacche e inchiostri, nella chiarificazione del vino, della birra e dei succhi di frutta. Il composto si trova nei legni, nelle cortecce, nei frutti e rizomi, nelle radici ma generalmente si intende quello estratto dalle noci di galla, ricco di acido tannico, con diversi procedimenti (all’acqua, all’alcole, all’etere). Il tannino è sintetizzabile, ottenendo in tal modo un gruppo di prodotti con caratteristiche analoghe a quelli naturali di origine vegetale anche se privi di alcuna analogia chimica.[1]

Il termine venne impiegato per la prima volta nel 1796 per indicare una sostanza chimica presente negli estratti vegetali capace di combinarsi con le proteine della pelle animale in complessi insolubili, di prevenirne la putrefazione da parte degli enzimi proteolitici e trasformarla in cuoio. Questa capacità di legarsi ai composti contenenti azoto (proteine e alcaloidi) si riflette nella qualità astringente di molti vini rossi. Sono presenti anche nei frutti di kaki, sorbo domestico, nespolo comune, corniolo, cotogno, carrubo. Le fonti più ricche di tannini sono le cortecce di piante come quercia, castagno, abete, acacia. Il tannino era temuto dai pittori su tavola, perché poteva sprigionarsi anche da supporti già stagionati e macchiare di scuro alcune parti del dipinto.

  1. ^ tannino in Vocabolario - Treccani, su treccani.it. URL consultato il 18 aprile 2018.

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