Vangelo di Filippo

Vangelo di Filippo
DatazioneII-III secolo
AttribuzioneFilippo apostolo (pseudoepigrafo) come indicato nel colofone del manoscritto/anonimo e non l'apostolo Filippo secondo gli studiosi[1][2]
Luogo d'origineSiria (Edessa?)
Fontidiverse ma non identificate
ManoscrittiCodici di Nag Hammadi (codice II, trattato 3)
Temasacramenti cristiani gnostici

Il Vangelo di Filippo è un vangelo gnostico, probabilmente di scuola valentiniana, scritto in lingua copta nella seconda metà del II secolo, probabilmente da un originale in lingua greca perduto. L'attribuzione pseudoepigrafa è a Filippo apostolo. Contiene alcuni detti di Gesù, e fa particolare attenzione agli insegnamenti sui sacramenti, cui aggiunge quello della "camera nuziale".

Andato perduto con l'estinguersi dello gnosticismo, non menzionato dai Padri della Chiesa, nel 1945 ne è stato ritrovato un manoscritto di trentacinque pagine databile al IV secolo tra i codici di Nag Hammadi (codice II, trattato 3).

La sua importanza è legata al fatto che getta luce sui sacramenti di una corrente gnostica cristiana, in particolare su quello, peculiare, della camera nuziale. Il Vangelo di Filippo è particolarmente noto presso il pubblico in quanto citato dal romanziere Dan Brown nella sua popolare opera Il codice da Vinci (2003).


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