Bibliomanzia

La bibliomanzia è un metodo di divinazione per mezzo di libri; si tratta di una forma di sticomanzia ossia estrazione a sorte di una frase da interpretare come responso della consultazione.

La profetessa Anna che consulta la Bibbia (Rembrandt, olio su tavola, 1631)

Tutto ciò che occorre è un libro, di solito un libro considerato sacro, profetico o ispirato. L'indovino (che può essere lo stesso consultante) formula una domanda, apre il volume a caso e legge la prima frase o il primo paragrafo su cui posa lo sguardo; un metodo alternativo è quello di chiudere gli occhi e indicare un punto della pagina: la frase così sorteggiata è considerata una risposta o un commento all'interrogativo posto. I primi testi ad essere usati in epoca greca furono quelli omerici, a cui in seguito si aggiunse l'Eneide di Virgilio in epoca romana, che con l'avvento del Cristianesimo furono sostituite dalla Bibbia. Questa pratica continuò anche in età moderna, e fu usata ad esempio da Petrarca.[1]

Spesso in occidente, soprattutto in ambito protestante, si usa questo termine per indicare che per questa pratica si utilizza la Bibbia. Un altro termine utilizzato è stoicheomanzia, quando il libro è un'opera di Omero o Virgilio.[2][3]

  1. ^ Erasmo Pèrcopo, Miscellanea, volume 252, pag. 83, Bergamo, Istituto Italiano d'Arti Grafiche, 1894.
  2. ^ Paolo Albani, Paolo della Bella, Forse Queneau. Enciclopedia delle scienze anomale, Bologna, Zanichelli, 1999, pp. 121-123, ISBN 9788808260703.
  3. ^ bibliomanzìa, su Enciclopedia generale Sapere.it De Agostini.

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