Squadrismo

Lo squadrismo fu un fenomeno politico-sociale verificatosi in Italia a partire dal 1919 che consistette nell'uso di squadre d'azione paramilitari armate che avevano lo scopo d’intimidire e reprimere violentemente gli avversari politici, specialmente quelli appartenenti al movimento operaio; fu in breve tempo assorbito dal fascismo che lo usò come strumento della propria affermazione[1].

Sono state elencate varie cause e fattori concomitanti della violenza squadrista: la motivazione principale fu la lotta di classe dei possidenti contro l'organizzazione sindacale operaia e contadina, condotta soprattutto per iniziativa dei proprietari, ma talvolta anche per reazione alle violenze operaie del biennio rosso; a essa si accompagnarono però altre concause: la lotta per il potere amministrativo a livello locale; le finalità propagandistiche e intimidatorie degli atti di violenza; gli effetti psicologici e sociologici della prima guerra mondiale da poco conclusa, la quale aveva esacerbato i conflitti sociali e abituato gli animi alla violenza; la debolezza dell'apparato repressivo dello Stato, che non contrastò adeguatamente lo squadrismo; altre cause ancora, che tennero in vita le squadre anche dopo che queste ultime ebbero vinto lo scontro di classe contro gli operai e i contadini, vale a dire: le ambizioni dei ras locali, l'esigenza di conquistare definitivamente il potere politico, le lotte di potere interne al fascismo, il cameratismo fra gli squadristi[2].

  1. ^ Squadrismo, su treccani.it, Enciclopedia Treccani. URL consultato il 26 novembre 2022.
  2. ^ Adrian Lyttelton, Cause e caratteristiche della violenza fascista: fattori costanti e fattori congiunturali, in Luciano Casali (a cura di), Bologna 1920; le origini del fascismo, Bologna, Capelli, 1982, pp. 33-55.

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