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La "bandiera nera e oro" e il "Libertatis Æquilibritas" sono i principali simboli dell'anarcocapitalismo:
Nella prima, il nero rappresenta l'anarchia mentre il color oro rappresenta il capitalismo. Secondo Murray Rothbard, la bandiera è stata sventolata per la prima volta nel 1963 in Colorado.
Nella seconda figura, il "Libertatis Æquilibritas" (dal latino: "l'equilibrio della libertà"), che trae ispirazione dalla A cerchiata, dal segno del dollaro e dal taijitu.
Nell'anarcocapitalismo i modi di acquisto della proprietà a titolo originario possono differire da quelli legali.[11] La posizione maggioritaria fra gli anarcocapitalisti sostiene che i diritti di proprietà derivino dal "principio di homestead" (cioè, il diritto del primo utilizzatore), che trae ispirazione dalla teoria della proprietà di Locke. Questo principio sostiene che il diritto di reclamare un terreno come proprio derivi dal lavoro svolto su di esso (ad esempio, la coltivazione del suolo).[12] Questo concetto ha sollevato dibattiti sulla legittimità di alcune proprietà legalmente acquisite e sulla possibilità di risarcimenti ai discendenti degli ex schiavi negli Stati Uniti. Alcuni anarcocapitalisti, tuttavia, sono favorevoli all'idea dell'acquiescenza (common law, estoppel).[13][14] La proprietà come intesa dagli anarcocapitalisti è principalmente fisica; la maggior parte di loro[N 1] non riconoscono la proprietà intellettuale.[15]
Alcuni sostenitori di questa corrente, tra cui Hans-Hermann Hoppe, Stefan Molyneux e Murray Rothbard, sono noti per difendere la discriminazione come parte integrante dell'esercizio del diritto di proprietà. In particolare, Hoppe ha sostenuto in Democrazia: il dio che ha fallito (2001; Democracy: The God That Failed) che i proprietari dovrebbero avere il diritto di stabilire comunità private segregate in base all'etnia, agli stili di vita, all'orientamento sessuale o alle idee politiche, suggerendo i restrictive covenants (delle clausole contrattuali nei contratti di vendita) per la preservazione della segregazione residenziale e l'espulsione degli indesiderati.[16][17][18] L'economista anarcocapitalista Walter Block ha criticato alcune delle idee di Hoppe, ritenendole incompatibili con un'ideologia libertaria[19] e affermando che le sue proposte per limitare l'immigrazione nell'anarcocapitalismo siano in contrasto con il concetto di servitù prediale (common law, easement) e potrebbero impedire ad alcuni individui di esercitare il loro diritto di proprietà, poiché non sarebbero in grado di raggiungere i loro beni (o invitare altri al godimento).[20]
Gli anarcocapitalisti generalmente supportano il lavoro minorile, la vendita di bambini e il diritto di abbandono degli stessi, come sostenuto da Murray Rothbard ne L'etica della libertà (1982; The Ethics of Liberty) o da Walter Block in Difendere l'indifendibile (1976; Defending the Undefendable) e in pubblicazioni di minore importanza come Sulla vendita di bambini (1979; On Baby Selling).[21][22][23][24][25] Tuttavia, esiste una divisione riguardo alla possibilità di stipulare contratti di schiavitù. Alcuni, come Stephan Kinsella, ritengono che la persona sia inalienabile e quindi non possa essere oggetto di tali contratti.[26] Relativamente alla schiavitù negli Stati Uniti, Rothbard sostiene anche che gli schiavi fossero legittimamente proprietari di qualsiasi terreno su cui erano, precedentemente, stati costretti a lavorare, in base al "principio di appropriazione originale" (homestead principle).[27]
Esistono due principali approcci filosofici riguardo all'aborto. L'evictionism, proposto da Walter Block, sostiene che la donna, essendo proprietaria del proprio corpo, ha il diritto di espellere il feto. D'altra parte, il departurism, sviluppato da Sean Parr, considera l'aborto una violazione del principio di non aggressione, poiché la rimozione del feto sarebbe letale per quest'ultimo.[28]
Il tema della statualità del diritto nell'anarcocapitalismo è motivo di contenzioso. Gli anarcocapitalisti affermano che la costituzione di una società priva di Stati e governi è possibile favorendo le città private o adottando la legge policentrica, citando le esperienze dei goðar dell'Islanda medievale o i claim club del Far West.[29] Gli obiettori affermano invece che ciò porterebbe alla costituzione di Città-Stato e governi de facto per via delle giurisdizioni territoriali che si verrebbero a formare.[30][31][32][33][34][35]
Nonostante il nome, l'anarcocapitalismo non è considerato parte dell'anarchismo tradizionale.[11] L'anarcocapitalismo è una realtà di nicchia nella politica degli Stati Uniti che i ricercatori tendono ad associare al "patriot movement" statunitense.[36] Nel contesto del libertarismo è l'ala più estrema della destra. Il politilogo Andrew Vincent la considera parte della New Right, ma ci sono anche coloro che la definiscono un'ideologia di estrema destra o parte dell'alt-right.[37][38][39][40][41]
^ab(EN) Warren J. Samuels, Anarchism and the Theory of Power, in Essays on the Economic Role of Government, vol. 2, Palgrave Macmillan, 1992, pp. 357–363, DOI:10.1007/978-1-349-12377-3, ISBN978-1-349-12379-7.
^(EN) Terry L. Anderson e P.J. Hill, An American Experiment in Anarcho- Capitalism The Not So Wild, Wild West, in Journal of Libertarian Studies, vol. 3, n. 1, Ludwig Von Mises Institute.
^(EN) Jeffrey Paul e Fred Dycus Miller, Liberalism and the Economic Order, Cambridge University Press, 1993, pp. 115-118.
^(EN) Barbara Goodwin, Using Political Ideas, Hoboken, NJ, John Wiley & Sons, 2016, p. 151, ISBN978-1118708385.
«However, enough has been said to show that most anarchists have nothing in common with those libertarians of the far-right, the anarcho-capitalists [...]»
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