Antisionismo

L'antisionismo è l'atteggiamento di coloro che si oppongono al sionismo[1][2][3], cioè al movimento politico fondato nel 1897 volto alla costituzione di uno Stato nazionale ebraico in parte di quello che fu il Mandato britannico della Palestina e, prima ancora, la Palestina ottomana. Il sionismo raggiunse il proprio obiettivo con la fondazione dello Stato d'Israele nel 1948, ma il movimento sionista continuò ad operare con entusiasmo per rinsaldare e proteggere il nuovo Stato. L'immigrazione e l'assimilazione di ebrei provenienti da altri paesi, principalmente profughi della Shoah, rappresentò il mezzo principale adottato dal sionismo per rafforzare lo Stato d'Israele.

Manifesto antisionista del 2003: due israeliani e un diavolo nazista riescono, col potere dei soldi, a dominare il mondo.

Prima del 1948, l'antisionismo rappresentò l'opposizione ai tentativi volti alla creazione del futuro Stato ebraico. Dopo il 1948, l'antisionismo si basò sulla difesa della popolazione araba o palestinese che, secondo gli antisionisti, aveva sofferto durante i conflitti armati del 1947-48. Da allora, gli antisionisti si propongono di difendere i diritti della popolazione palestinese, sia dei profughi fuggiti nel 1947-48 e dispersi per il mondo, principalmente in altri paesi arabi, sia di coloro che rimasero e acquisirono successivamente la cittadinanza israeliana, sia infine di quelli che vivono nei territori occupati da Israele a partire dal 1967.

L'antisionismo pone un'obiezione di fondo all'esistenza dello Stato ebraico edificato dal movimento sionista e al movimento stesso, nella sua evoluzione ideale sin dal primo congresso mondiale tenutosi a Basilea nel 1897, fino alle sue posizioni attuali. Diverse personalità di spicco, del mondo ebraico e non, sostengono che l'antisionismo sia una nuova forma velata di antisemitismo[4], tesi comunque non unanimemente accettata. Di più, alcuni ebrei negano legittimità a uno Stato ebraico costituito nella Terra Promessa prima dell'arrivo del Messia; altri, come i Neturei Karta, ripudiano in toto l'idea stessa di uno Stato ebraico[5].

  1. ^ [1]
  2. ^ [2]
  3. ^ Webster's 11th Collegiate Dictionary, ("Zionism,"), "An international movement originally for the establishment of a Jewish national or religious community in Palestine and later for the support of modern Israel."
  4. ^ Yehuda Bauer: Anti-Semitism, su kqed.org (archiviato dall'url originale il 5 dicembre 2008)., intervista di Michael Krasny a Yehuda Bauer su KQED-FM l'11 gennaio 2005
  5. ^ Raffaella A. Del Sarto, Israel's Contested Identity and the Mediterranean, The territorial-political axis: Eretz Israel versus Medinat Israel, p.8 (PDF), su ies.berkeley.edu (archiviato dall'url originale il 10 giugno 2010).

    Reflecting the traditional divisions within the Zionist movement, this axis invokes two concepts, namely Eretz Israel, i.e. the biblical ‘Land of Israel’, and Medinat Israel, i.e. the Jewish and democratic State of Israel. While the concept of Medinat Israel dominated the first decades of statehood in accordance with the aspirations of Labour Zionism, the 1967 conquest of land that was part of ‘biblical Israel’ provided a material basis for the ascent of the concept of Eretz Israel. Expressing the perception of rightful Jewish claims on ‘biblical land’, the construction of Jewish settlements in the conquered territories intensified after the 1977 elections, which ended the dominance of the Labour Party. Yet as the first Intifada made disturbingly visible, Israel's de facto rule over the Palestinian population created a dilemma of democracy versus Jewish majority in the long run. With the beginning of Oslo and the option of territorial compromise, the rift between supporters of Eretz Israel and Medinat Israel deepened to an unprecedented degree, the assassination of Prime Minister Rabin in November 1995 being the most dramatic evidence.


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