Callisto (astronomia)

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Callisto
(Giove IV)
Satellite diGiove
Scoperta7 gennaio 1610
ScopritoriGalileo Galilei
Simon Marius
ClassificazioneSatellite galileiano
Parametri orbitali
(all'epoca J2000)
Semiasse maggiore1882700 km[1]
Perigiovio1868768 km[1]
Apogiovio1896632 km[1]
Circonf. orbitale11829191 km[1]
Periodo orbitale16,6890184 giorni
(16g 16h 32min)[1]
Velocità orbitale
  • 8143 m/s (min)
  • 8204 m/s (media)
  • 8265 m/s (max)
Inclinazione
sull'eclittica
2,02°
Inclinazione rispetto
all'equat. di Giove
2,21°
Eccentricità0,0074[1]
Dati fisici
Diametro medio4820,6 km
0,378 r
Superficie7,3×1013 
Volume5,9×1019 
Massa
1,0759×1023 kg[1]
0,018 M
Densità media1,834×103 kg/m³[1]
Acceleraz. di gravità in superficie1,236 m/s²
(0,126 g)[1]
Velocità di fuga2441 m/s[1]
Periodo di rotazionerotazione sincrona
Inclinazione assialenulla
Temperatura
superficiale
  • ~120 K (−153 °C) (media)
Pressione atm.tracce
Albedo0,17
Dati osservativi
Magnitudine app.
  • 5,7 (media)
Magnitudine app.5,65

Callisto è uno dei quattro principali satelliti naturali del pianeta Giove, la terza più grande luna del sistema solare, la seconda più grande del sistema gioviano, dopo Ganimede, e il più grande oggetto del sistema solare a non essere completamente differenziato.

Scoperto da Galileo Galilei nel 1610,[2] Callisto ha un diametro di 4821 km, equivalente al 99% del diametro del pianeta Mercurio ma solo circa un terzo della sua massa. È la quarta luna galileiana in ordine di distanza da Giove, trovandosi a circa 1880000 km dal pianeta.[3] Callisto non partecipa alla risonanza orbitale che coinvolge gli altri 3 satelliti galileiani: Io, Europa e Ganimede,[4] quindi non subisce i riscaldamenti mareali, che originano i fenomeni endogeni presenti su Io ed Europa. Privo di campo magnetico interno e appena al di fuori della fascia di radiazioni del gigante gassoso, non interagisce particolarmente con la magnetosfera di Giove.[5][6]

Callisto è composto, più o meno in egual misura, da rocce e ghiacci, con una densità media di circa 1,83 g/cm³, la più bassa tra i satelliti medicei. Sulla sua superficie è stata rilevata spettroscopicamente la presenza del ghiaccio d'acqua,[7] del biossido di carbonio, di silicati e composti organici. Studi condotti dalla sonda Galileo hanno rivelato che Callisto potrebbe avere un piccolo nucleo di silicati e forse uno strato di acqua liquida al di sotto della superficie, a profondità superiori a 100 km.[7][8][9]

La superficie di Callisto è la più antica e la più pesantemente craterizzata del sistema solare.[1] Non risultano tracce di processi del sottosuolo, come tettonica a placche o vulcanismo; non c'è alcun segno che un'attività geologica si sia mai verificata in passato e l'evoluzione della sua superficie si è prodotta principalmente per gli impatti meteoritici. Le principali caratteristiche superficiali includono strutture con multipli anelli concentrici, con scarpate, creste e depositi ad essi associati, crateri da impatto di varie forme e catene di crateri.[10] Le età delle diverse morfologie non sono note.

Callisto è circondato da una sottile atmosfera composta di biossido di carbonio e ossigeno molecolare,[11][12] nonché da una ionosfera piuttosto intensa.[13] Si pensa che Callisto si sia formato nel processo di accrescimento che ha interessato il disco di gas e polveri che circondava Giove dopo la sua formazione.[14] La lentezza del processo di accumulo di materia e la mancanza del riscaldamento mareale ha evitato la differenziazione chimica, mentre una lenta convezione all'interno di Callisto ha portato a una differenziazione solo parziale e alla possibile formazione di un oceano nel sottosuolo ad una profondità di 100–150 km, con un piccolo nucleo roccioso interno.[15]

La probabile presenza di un oceano nel sottosuolo di Callisto lascia aperta la possibilità che possa ospitare la vita. Tuttavia, le condizioni sembrano essere meno favorevoli rispetto alla vicina Europa.[16] Diverse sonde spaziali, le Pioneer 10 e 11, la Galileo e la Cassini hanno studiato Callisto, che, a causa dei suoi bassi livelli di radiazione, è stato a lungo considerato il luogo più adatto per una base umana in una futura esplorazione del sistema gioviano.[17]

  1. ^ a b c d e f g h i j k Callisto: Overview - Solar System Exploration - NASA (archiviato dall'url originale il 28 marzo 2014).
  2. ^ G. Galilei; Sidereus Nuncius (archiviato dall'url originale il 23 febbraio 2001). (13 marzo 1610)
  3. ^ Planetary Satellite Mean Orbital Parameters, su ssd.jpl.nasa.gov, NASA. URL consultato il 21 marzo 2015.
  4. ^ Susanna Musotto, Varadi, Ferenc, Moore, William e Schubert, Gerald, Numerical Simulations of the Orbits of the Galilean Satellites, in Icarus, vol. 159, n. 2, 2002, pp. 500–504, Bibcode:2002Icar..159..500M, DOI:10.1006/icar.2002.6939.
  5. ^ John F. Cooper, Johnson, Robert E., Mauk, Barry H., et al. e Neil Gehrels, Energetic Ion and Electron Irradiation of the Icy Galilean Satellites (PDF), in Icarus, vol. 139, n. 1, 2001, pp. 133–159, Bibcode:2001Icar..149..133C, DOI:10.1006/icar.2000.6498. URL consultato il 21 marzo 2015 (archiviato dall'url originale il 16 gennaio 2012).
  6. ^ Space Today Online - Exploring Jupiter - The Cratered Moon Callisto.
  7. ^ a b Kenneth Chang, Suddenly, It Seems, Water Is Everywhere in Solar System, in New York Times, 12 marzo 2015. URL consultato il 12 marzo 2015.
  8. ^ O.L. Kuskov e Kronrod, V.A., Internal structure of Europa and Callisto, in Icarus, vol. 177, n. 2, 2005, pp. 550–369, Bibcode:2005Icar..177..550K, DOI:10.1016/j.icarus.2005.04.014.
  9. ^ Adam P. Showman e Malhotra, Renu, The Galilean Satellites (PDF), in Science, vol. 286, n. 5437, 1999, pp. 77–84, DOI:10.1126/science.286.5437.77, PMID 10506564.
  10. ^ Greeley, R.; Klemaszewski, J. E.; Wagner, L. et al., Galileo views of the geology of Callisto, in Planetary and Space Science, vol. 48, n. 9, 2000, pp. 829–853, DOI:10.1016/S0032-0633(00)00050-7.
  11. ^ R. W. Carlson et al., A Tenuous Carbon Dioxide Atmosphere on Jupiter's Moon Callisto (PDF), in Science, vol. 283, n. 5403, 1999, pp. 820–821, DOI:10.1126/science.283.5403.820, PMID 9933159. URL consultato il 16 febbraio 2009 (archiviato dall'url originale il 3 ottobre 2008).
  12. ^ Liang, M. C.; Lane, B. F.; Pappalardo, R. T. et al., Atmosphere of Callisto, in Journal of Geophysics Research, vol. 110, E2, 2005, pp. E02003, DOI:10.1029/2004JE002322.
  13. ^ A. J. Kliore, Anabtawi, A, Herrera, R. G. e et al., Ionosphere of Callisto from Galileo radio occultation observations, in Journal of Geophysics Research, vol. 107, A11, 2002, p. 1407, Bibcode:2002JGRA.107kSIA19K, DOI:10.1029/2002JA009365.
  14. ^ Robin M. Canup e Ward, William R., Formation of the Galilean Satellites: Conditions of Accretion (PDF), in The Astronomical Journal, vol. 124, n. 6, 2002, pp. 3404–3423, Bibcode:2002AJ....124.3404C, DOI:10.1086/344684.
  15. ^ T. Spohn et al., Oceans in the icy Galilean satellites of Jupiter?, in Icarus, vol. 161, n. 2, 2003, pp. 456–467, DOI:10.1016/S0019-1035(02)00048-9.
  16. ^ Jere H. Lipps, Delory, Gregory, Pitman, Joe e et al., Astrobiology of Jupiter's Icy Moons (PDF), in Proc. SPIE, Instruments, Methods, and Missions for Astrobiology VIII, vol. 5555, 2004, p. 10, DOI:10.1117/12.560356 (archiviato dall'url originale il 20 agosto 2008).
  17. ^ Pat Trautman e Bethke, Kristen, Revolutionary Concepts for Human Outer Planet Exploration (HOPE) (PDF), su nasa-academy.org, NASA, 2003 (archiviato dall'url originale il 19 gennaio 2012).

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