Cirillo di Alessandria

Cirillo di Alessandria
Papa della Chiesa copta
Elezione412
Fine patriarcato27 giugno 444
PredecessoreTeofilo
SuccessoreDioscoro I
 
NascitaTeodosia d'Egitto
370 circa
MorteAlessandria d'Egitto
27 giugno 444
San Cirillo di Alessandria
 

Vescovo della Chiesa copta

 
NascitaTeodosia d'Egitto, 370 circa
MorteAlessandria d'Egitto, 27 giugno 444
Venerato daTutte le Chiese che ammettono il culto dei santi
Ricorrenza27 giugno e 9 febbraio (messa tridentina)
Attributibastone pastorale

Cirillo di Alessandria (Teodosia d'Egitto, 370 circa – Alessandria d'Egitto, 27 giugno 444) fu il quindicesimo papa della Chiesa copta (massima carica del patriarcato di Alessandria d'Egitto) dal 412 fino alla sua morte. La Chiesa cattolica e le Chiese ortodosse lo venerano come santo.

Come teologo, fu coinvolto nelle dispute cristologiche che infiammarono la sua epoca. Si oppose a Nestorio durante il concilio di Efeso del 431 (del quale fu la figura centrale). In tale ambito, per contrastare Nestorio (che negava la maternità divina di Maria), sviluppò una teoria dell'Incarnazione che gli valse il titolo di doctor Incarnationis e che è considerata ancora valida dai teologi cristiani contemporanei.

Perseguitò i novaziani, gli ebrei[1] ed i pagani[2], sino a quasi annientarne la presenza nella città. Alcuni storici lo indicano come il mandante dell'omicidio della scienziata e filosofa neoplatonica Ipazia[3][4].

Divenuto vescovo e patriarca di Alessandria nel 412, secondo lo storico Socrate Scolastico acquistò «molto più potere di quanto ne avesse avuto il suo predecessore» e il suo episcopato «andò oltre i limiti delle sue funzioni sacerdotali». Cirillo giunse a svolgere anche un ruolo dalla forte connotazione politica e sociale nell'Egitto greco-romano di quel tempo. Le sue azioni sembrano essersi ispirate al criterio della difesa dell'ortodossia cristiana a ogni costo: espulse gli ebrei dalla città; chiuse le chiese dei novaziani, confiscandone il vasellame sacro e spogliando il loro vescovo Teopempto di tutti i suoi possedimenti; entrò in grave conflitto con il prefetto imperiale Oreste.

  1. ^ Cfr. tra gli altri, Antonio Olmi, Il consenso cristologico tra le chiese calcedonesi e non calcedonesi. Roma, Pontificia Università Gregoriana, 2003, pag.87.
  2. ^ Anche Enrico Cattaneo, Giuseppe De Simone, Luigi Longobardo. Patres ecclesiae. Un'introduzione alla teologia dei padri della Chiesa. Il Pozzo di Giacobbe, 2007, pag. 206
  3. ^ Silvia Ronchey, Perché Cirillo assassinò Ipazia?, in Arnaldo Marcone e al., ed., Tolleranza religiosa in età tardoantica (IV-V secolo)
  4. ^ Secondo diversi autori a commettere l'omicidio furono dei monaci cristiani (cfr. tra gli altri, Julien Ries Opera Omnia vol.1 pag.176 Milano, Jaca Book, 2006; Francesco Romano. Porfirio di Tiro: filosofia e cultura nel III secolo Parte 3. pag. 52 Università di Catania 1979). L'eventuale ruolo dei parabolani, monaci-infermieri alle dirette dipendenze del vescovo di Alessandria nonché sue "guardia del corpo" (cfr. al riguardo Salvatore Pricoco. Da Costantino a Gregorio Magno, in Storia del cristianesimo. Vol.I a cura di Giovanni Filoramo e Daniele Menozzi. Bari, Laterza, 2008, pag. 346-7), chiamerebbe in causa il coinvolgimento, come mandante, di Cirillo, direttamente evidenziato da Jacques Lacarrière (Die Gott-Trunkenen, Wiesbaden, Limes-Verlag 1967, p. 151); notano comunque Heinrich Fries e Georg Kretschmar che: «Socrate, che sulla vita di Isidoro era meglio informato di Damascio, non tira in ballo Cirillo nell'assassinio della filosofa neoplatonica Ipazia nel marzo 415, che i cristiani sospettavano di essere forse la consulente astrologica del prefetto. Tuttavia anche se l'arcivescovo era un politico troppo avveduto per lasciarsi compromettere da un'impresa tanto esecrabile, resta però il fatto che l'organizzazione del delitto fu, non di meno, l'opera di un suo chierico» (I classici della teologia Volume 1. Milano, Jaca Book, 1996 p. 178)

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