Dissoluzione della Jugoslavia

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Animazione che mostra la dissoluzione della Jugoslavia.

Con la dissoluzione della Jugoslavia si identificano diversi eventi che nei primi anni '90 hanno portato alla fine della Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia e alla nascita degli attuali stati di Slovenia, Croazia, Bosnia ed Erzegovina, Serbia, Montenegro, Kosovo e Macedonia, oggi Macedonia del Nord.

La RSF Jugoslavia si formò all'indomani della vittoria alleata durante la Seconda Guerra Mondiale (1939-1945) ed era formata da sei stati federati: la Repubblica Socialista di Bosnia ed Erzegovina, la Repubblica Socialista di Croazia, la Repubblica Socialista di Macedonia, la Repubblica Socialista di Montenegro, la Repubblica Socialista di Serbia, la Provincia Socialista Autonoma della Voivodina, la Provincia Socialista Autonoma del Kosovo e la Repubblica Socialista di Slovenia. Questo modello rappresentò una "via di mezzo" tra l'economia pianificata e quella liberale, garantendo un periodo di forte crescita economica e stabilità politica sotto la guida di Josip Broz Tito.

Alla morte del maresciallo Tito nel 1980, il governo federale si indebolì considerevolmente, lasciando spazio, tra le Repubbliche costituenti, a sentimenti nazionalistici e indipendentistici. Negli anni 1980 l’economia crollò, aggravando ulteriormente la situazione. Nei primi anni '90, lo scontro tra le Repubbliche si acuì con l'elezione in Serbia di Slobodan Milošević, più concentrato sull'espansione del dominio serbo che sulla conservazione dell'unità jugoslava. Nel 1990, la Lega dei Comunisti di Jugoslavia si sciolse e i socialisti iniziarono a cedere il passo ai nazionalisti e separatisti, fino alla dichiarazione d'indipendenza di quattro delle sei Repubbliche socialiste, mentre Serbia e Montenegro rimasero federate fino al maggio 2006. Nel 2008 anche la regione del Kosovo, formalmente parte della Serbia ma abitata in larga maggioranza da albanesi, dichiarò unilateralmente la propria indipendenza.

Le crescenti tensioni etniche tra i popoli sparsi in Jugoslavia, principalmente serbi, croati e bosgnacchi, portò allo scoppio delle guerre jugoslave, dapprima in Slovenia, poi in Croazia, Bosnia ed Erzegovina, Kosovo e infine in Macedonia. Questi conflitti furono segnati da diversi eccidi qualificabili come tentativi di pulizia etnica, e considerati pertanto sia crimini di guerra che crimini contro l'umanità.[1]

  1. ^ (EN) Decades later, Bosnia still struggling with the aftermath of war, in PBS, 19 novembre 2017. URL consultato il 14 luglio 2019.

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