Do You Really Want to Hurt Me singolo discografico | |
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Artista | Culture Club |
Pubblicazione | 6 settembre 1982 22 novembre 1982 |
Durata | 3:36 |
Album di provenienza | Kissing to Be Clever |
Genere | New wave Soul bianco Reggae |
Etichetta | Virgin Records, Epic Records |
Produttore | Steve Levine |
Registrazione | Red Bus Studios, 1982 |
Formati | 7", 12" |
Certificazioni | |
Dischi d'oro | Danimarca[1] (vendite: 4 000+) Germania[2] (vendite: 500 000+) Paesi Bassi[3] (vendite: 100 000+) Regno Unito[4] (vendite: 500 000+) Svezia[5] (vendite: 25 000+) |
Dischi di platino | Canada[6] (vendite: 100 000+) |
Culture Club - cronologia | |
Do You Really Want to Hurt Me, terzo singolo in assoluto pubblicato dall'allora emergente gruppo musicale britannico dei Culture Club, entrato nella classifica britannica verso la fine di settembre, raggiunge la vetta nel mese di ottobre del 1982, stazionandovi per 3 settimane.
Lo stile dolce del brano, improntato su una struttura reggae appena accennata, ma solidamente costruita, preceduto da una lenta introduzione e scandito da ritornelli, cadenzati e ben distribuiti, principalmente ricavati dalla ripetizione del titolo (espediente che diventerà uno dei più caratteristici marchi di fabbrica della band), passando per le due strofe, niente affatto banali e dal testo tanto criptico quanto interessante, culmina poi nella parte centrale dell'inciso, il cosiddetto «middle», in cui la voce dell'androgino cantante, Boy George, calda e avvolgente sin dall'inizio, ma a tratti potente e tagliente al tempo stesso, si rivela uno strumento versatile e accattivante, presentando anche una notevole estensione (poi perduta nel corso degli anni, soprattutto a causa dell'abuso di droghe pesanti quali cocaina ed eroina[senza fonte]).
Il brano dimostra finalmente il potenziale commerciale del gruppo agli esordi, dopo il flop ottenuto dai due singoli precedenti: la ballabile White Boy, dove ritmi tribali e percussioni la fanno da padrone, ma la ripetizione è un po' esagerata e meno incisiva, e la filastrocca caraibica I'm Afraid of Me, che permette sì al cantante di provare a chi lo ascolta la potenza e la resistenza delle sue corde vocali, ma soffoca l'allegria apparente di una melodia già di per sé poco definita e piatta, in un testo urlato e tendente al paranoico, mentre la ripetizione ossessiva del ritornello non è altrettanto efficace come avverrà invece successivamente. Dopo il doppio naufragio, la lenta risalita.
Composta come brano tappabuchi[senza fonte], come sempre capita alle canzoni più storiche[senza fonte], la prima Numero 1 britannica e internazionale dei Culture Club, dopo essere riuscita a fatica a farsi posto come ultimo brano in chiusura dell'album, vince prima le resistenze dello stesso George, che inizialmente considera il pezzo troppo personale per un singolo da commercializzare, e in breve tempo conquista i DJ del secondo canale radiofonico della BBC, BBC Radio 2. Grazie poi a una serie di fortunati eventi, ultimo e più importante la rinuncia dell'indisposto Shakin' Stevens a partecipare a una seguitissima trasmissione, i Culture Club debuttano sul piccolo schermo, con una memorabile esibizione su Top of the Pops, programma storico, recentemente approdato anche in Italia e in altri paesi del mondo, in diversi adattamenti. La comparsa di una figura senza precedenti quale Boy George nel popolare programma produce un vero e proprio shock culturale, dando vita al fenomeno dei cosiddetti "gender-benders" (vedi Colour by Numbers) e occupando le prime pagine di quotidiani e riviste, per i successivi giorni, mesi ed anni a venire.
Il terzo singolo del gruppo britannico rappresenta ben presto il biglietto d'ingresso della band anche per il mercato statunitense, raggiungendo il Numero 2 della Billboard Hot 100 dei singoli negli Stati Uniti, nel mese di marzo del 1983. Il singolo diventa Numero 1 anche in Australia e, uno dopo l'altro, in così tanti paesi del mondo, che diventa difficile tenerne il conto ufficiale; almeno 17 sono le nazioni in cui la canzone arriva ufficialmente in vetta, ma secondo stime ufficiose, sarebbero più di venti.[senza fonte]
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