Dominanza orbitale

La dominanza orbitale è una delle caratteristiche distintive dei pianeti rispetto agli altri oggetti del Sistema solare. In particolare, secondo la definizione di pianeta approvata durante la XXV Assemblea Generale dell'Unione Astronomica Internazionale è la caratteristica che distingue i pianeti dai pianeti nani[1].

Nella fase finale del processo di formazione planetaria, un pianeta sarà divenuto gravitazionalmente dominante, ovvero avrà ripulito le proprie vicinanze orbitali (riportando le parole utilizzate nella definizione della IAU), se nella propria zona orbitale non orbiteranno altri corpi di dimensioni comparabili a quelle del pianeta che non siano o suoi satelliti o comunque ad esso gravitazionalmente legati.

La definizione non fornisce indicazioni numeriche o equazioni che consentano di misurare quanto sia gravitazionalmente dominante un oggetto del sistema solare, soprattutto non indica un limite che distingua i pianeti dai pianeti nani. Tuttavia fornisce degli esempi, separando gli 8 pianeti - Mercurio, Venere, la Terra, Marte, Giove, Saturno, Urano e Nettuno - dai tre pianeti nani maggiori: Cerere, Plutone ed Eris.

Una prima proposta di distinguere i planetoidi in orbita intorno ad una stella in oggetti gravitazionalmente dominanti e non, è stata avanzata da Alan Stern e Harold F. Levison in un loro articolo presentato alla XXIV Assemblea Generale della IAU, svoltasi nel 2000 a Manchester[2]. È probabilmente da tale articolo che la IAU ha tratto l'espressione utilizzata nella definizione infine approvata. Nel 2007 Steven Soter ha proposto l'uso di un parametro, chiamato "discriminante planetario", per descrivere con formulazione matematica il concetto di dominanza orbitale.[3]

La capacità di distinguere i "pianeti" dai "pianeti nani" e dagli altri corpi minori del sistema solare è divenuta necessaria perché la IAU adotta differenti regole per la denominazione dei nuovi pianeti scoperti rispetto a quelle per gli altri nuovi corpi scoperti. Il processo di denominazione è entrato in stallo nel 2005 per Eris e per altri oggetti con caratteristiche analoghe, proprio perché era necessario fare chiarezza sulla loro successiva classificazione.[4][5]

  1. ^ (EN) Definition of a Planet in the Solar System: Resolutions 5 and 6 (PDF), su IAU 2006 General Assembly, International Astronomical Union, 24 agosto 2006. URL consultato il 25 novembre 2008.
  2. ^ Alan Stern; Harold F. Levison (2000)
  3. ^ Stevan Soter (2006)
  4. ^ (EN) Wm. Robert Johnston, Names of Solar System objects and features, su johnstonsarchive.net, Johnston's Archive, 24 agosto 2006. URL consultato il 5 maggio 2011.
  5. ^ (EN) Daniel W.E. Green, (134340) PLUTO, (136199) ERIS, AND (136199) ERIS I (DYSNOMIA) (PDF), su Circular No. 8747, Central Bureau for Astronomical Telegrams, 13 settembre 2006. URL consultato il 5 maggio 2011.

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