Fascismo

Il fascio littorio, emblema del fascismo, nel simbolo del Partito Nazionale Fascista

Il fascismo è il movimento politico d'estrema destra fondato da Benito Mussolini nel 1919, che prese il potere in Italia e governò il Paese come regime totalitario dal 1922 al 1943 (ventennio fascista).

Nato nell'intervallo tra le due guerre mondiali e nel contesto di movimenti estremisti di massa sorti dalla crisi economica e politica dello Stato liberale, si caratterizzò fin dall'inizio per il ricorso alla violenza come metodo di lotta politica (squadrismo), per l'ostilità alla democrazia e alle sue istituzioni, per l'avversione al bolscevismo e la promozione delle spinte irredentiste ed espansioniste italiane frustrate dall'esito della prima guerra mondiale, secondo l'idea della vittoria mutilata.

Già organizzato con i Fasci di combattimento in lista elettorale e sconfitto alle elezioni del 1919, virò dalle primitive istanze sociali del programma di San Sepolcro a quelle più marcatamente borghesi e antibolsceviche, rendendosi protagonista della reazione violenta nel biennio rosso e affermandosi rapidamente presso il ceto medio e nelle aree rurali. Entrò infine in parlamento nel 1921 in coalizione con nazionalisti e liberali e si costituì in Partito Nazionale Fascista (PNF).

Dopo la presa del potere con la marcia su Roma e una prima fase di debole compromesso con le altre forze politiche, si fuse con il movimento nazionalista e si assicurò la vittoria alle elezioni del 1924; ma la denuncia delle violenze e intimidazioni che avevano segnato la consultazione elettorale ebbe come risposta l'assassinio di Giacomo Matteotti e sancì la vittoria delle componenti più intransigenti del fascismo, trainando l'Italia verso il regime dittatoriale a partito unico (Stato fascista), che esautorava di fatto la monarchia e stravolgeva lo Statuto Albertino.

Il regime fascista, evolutosi in dittatura personale di Mussolini (designato anche ufficialmente Duce e fatto oggetto di culto della personalità) perseguì una politica estera colonialista e imperialista. Cauto in un primo tempo verso la Germania nazista, vi strinse alleanza nel 1936 (Asse Roma-Berlino), affiancandola nella seconda guerra mondiale a partire dal 1940. Promotore di politiche oppressive con forti connotazioni razziste antislave e finalizzate all'assimilazione delle minoranze interne ai confini italiani, nel 1938 il regime fascista promulgò le leggi razziali, che in parte ricalcarono la precedente normativa nazista.

Di fronte all'imminente sconfitta, il rovesciamento del regime con imprigionamento di Mussolini e il successivo armistizio (1943) provocarono la reazione dei tedeschi, che liberarono il Duce e lo posero a capo dello Stato fantoccio della Repubblica Sociale Italiana (RSI). Il Partito Fascista Repubblicano (PFR) accentuò i tratti totalitari del movimento sul modello nazista e tentò di riproporre i contenuti sociali delle origini con il manifesto di Verona. Nel contempo, le autorità fasciste collaborarono sempre più apertamente con i tedeschi nella caccia e lo sterminio degli ebrei. La RSI cadde con la fine dell'occupazione tedesca del Paese, sotto la spinta dell'offensiva alleata nella penisola e dell'insurrezione del 25 aprile 1945; alla caduta seguì la fucilazione di Mussolini per mano dei partigiani delle Brigate Garibaldi.

L'esperienza dello Stato fascista ufficialmente si estinse con la fine del secondo conflitto mondiale e fu ripudiata dalla Costituzione repubblicana, che assunse carattere antifascista e vietò la ricostituzione del partito alla XII disposizione transitoria e finale, attuata per via penale dalla Legge Scelba (1952). La disciplina ha interessato però solo di rado movimenti neofascisti sorti nel dopoguerra, poiché la sua applicabilità dipende dal carattere antidemocratico, violento o razzista del movimento[1] e per giurisprudenza dall'esistenza di un effettivo pericolo di ricostituzione immediata di un partito fascista.[2]

L'ideologia fascista, di cui Gentile e Mussolini elaborarono una sintesi dottrinaria nel 1932, non fu precostituita al movimento che, nelle parole di Mussolini stesso, fu improntato piuttosto a pragmatismo («Il fascismo non fu tenuto a balia da una dottrina elaborata in precedenza, a tavolino: nacque da un bisogno di azione e fu azione»). Il fascismo e la relativa dottrina sono complessi e oggetto di diverse interpretazioni, fermo restando il carattere antidemocratico, totalitario e violento del fascismo come movimento e regime.

Nella sua dimensione antibolscevica il fascismo incontrò all'inizio, se non approvazione, quanto meno acquiescenza anche presso regimi e personalità democratiche. Negli altri Paesi sorsero movimenti ispirati al fascismo italiano, che in certi casi presero il potere. Nonostante la somiglianza esteriore, tuttavia, non sempre l'emulazione produsse una piena aderenza ideologica o ricalcò l'insieme dei caratteri politici dell'esperienza fascista. Ciò non ha impedito che in senso estensivo si siano poi etichettati e si etichettino ancora come fascisti altri movimenti e regimi autoritari in Europa e nel mondo;[3] il termine fascismo ha connotazione spregiativa nel linguaggio politico, dove tende altresì a farsi generico e indiscriminato.[4]

  1. ^ Legge 20 1952, n. 645
  2. ^ Sentenza n. 74 del 1958 della Corte costituzionale
  3. ^ fascismo, in Treccani.it – Vocabolario Treccani on line, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. URL consultato il 15 settembre 2023.
  4. ^ Emilio Gentile, FASCISMO, in Enciclopedia Italiana, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. URL consultato il 15 settembre 2023.

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