Indicatore Myers-Briggs

L'indicatore di personalità di Myers-Briggs, a volte abbreviato con MBTI (dall'inglese Myers-Briggs Type Indicator), individua una serie di caratteristiche psicologiche identificate attraverso appositi questionari psicometrici e nasce con l'idea di comprendere e schematizzare il modo in cui una persona si rapporta e si comporta nei confronti del mondo e della vita in generale. Fortemente basato sulla teoria dei tipi psicologici di Carl Gustav Jung[1], l'indicatore discrimina tra sedici possibili tipi di personalità, individuati da quattro diverse caratteristiche che possono presentarsi ognuna in due modi alternativi.

Le due pioniere di questo tipo di ricerche furono Katharine Cook Briggs e sua figlia Isabel Briggs Myers, che cominciarono a pensare all'indicatore durante la seconda guerra mondiale con l'intento di aiutare le donne, che stavano entrando per la prima volta nel mondo dell'industria per sopperire alla mancanza di operai uomini all'epoca impegnati in guerra, a capire il tipo di lavoro più adatto per loro e in cui potessero essere più utili[2]. Il questionario iniziale raggiunse la sua forma definitiva nel 1962, anno in cui fu pubblicato.

L'indicatore si basa su popolazioni normali[non chiaro] e sottolinea il valore di differenze che occorrono naturalmente all'interno di esse.[3]

La maggior parte della ricerca a sostegno della validità dell'MBTI è stata prodotta dal Center for Applications of Psychological Type, un'organizzazione gestita dalla Myers-Briggs Foundation, e pubblicata sulla rivista del centro, il Journal of Psychological Type (JPT). Ciò solleva problemi legati a bias e conflitti di interesse[4]. Le proprietà psicometriche del test sono state oggetto di critica per avere numerosi deficit sia per quanto riguarda i costrutti di validità che di affidabilità[5][6][7][8]. L'indicatore MBTI rientra nella categoria delle teorie pseudoscientifiche dell'area psicologica[9].

  1. ^ Jung, Carl Gustav, Psychological Types, in Collected Works of C.G. Jung, Volume 6, Princeton University Press, 1º agosto 1971, ISBN 0-691-09770-4.
  2. ^ Briggs e Myers, 1995.
  3. ^ Roger R. Pearman, Sarah C. Albritton, I'm Not Crazy, I'm Just Not You, First, Palo Alto, California, Davies-Black Publishing, 1997, xiii, ISBN 0-89106-096-0.
  4. ^ Scott O. Lilienfeld, Steven J. Lynn e Jeffrey M. Lohr, Science and pseudoscience in clinical psychology, Second edition, 2015, ISBN 978-1-4625-1751-0, OCLC 890851087. URL consultato il 12 settembre 2022.
  5. ^ (EN) Goodbye to MBTI, the Fad That Won’t Die | Psychology Today, su www.psychologytoday.com. URL consultato il 12 settembre 2022.
  6. ^ David J. Pittenger, Measuring the MBTI. . .And Coming Up Short, in Journal of Career Planning and Employment, vol. 54, n. 1, novembre 1993, pp. 48-52.
  7. ^ (EN) William L. Gardner e Mark J. Martinko, Using the Myers-Briggs Type Indicator to Study Managers: A Literature Review and Research Agenda, in Journal of Management, vol. 22, n. 1, 1996-02, pp. 45–83, DOI:10.1177/014920639602200103. URL consultato il 12 settembre 2022.
  8. ^ (EN) Gregory J. Boyle, Myers-Briggs Type Indicator (MBTI): Some Psychometric Limitations, in Australian Psychologist, vol. 30, n. 1, 1995-03, pp. 71–74, DOI:10.1111/j.1742-9544.1995.tb01750.x. URL consultato il 12 settembre 2022.
  9. ^ Monica Pignotti, Science and pseudoscience in social work practice, 2015, ISBN 978-0-8261-7769-8, OCLC 909028322. URL consultato il 12 settembre 2022.

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