Marco Cavallo | |
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Autori | Opera collettiva e da un'idea di Vittorio Basaglia |
Data | 1973 |
Materiale | legno e cartapesta |
Altezza | 400 cm |
Ubicazione | Itinerante, Ex manicomio, Trieste |
«Una mattina era arrivato in visita, sul prato della direzione, un destriero blu di cartapesta, montato su ruote, lunghe zampe, alto quattro metri. "Marco" lo chiamavano; era il cavallo che un tempo trascinava il carretto con la biancheria da lavare, per tutti il simbolo della libertà conquistata.
"I diritti dei più fragili" di Paolo Cendon»
Marco Cavallo è una scultura di legno e cartapesta in forma di "installazione" e "macchina teatrale".
L'opera fu realizzata nel 1973 all'interno del manicomio di Trieste da un "gruppo di artisti": Vittorio Basaglia e Giuliano Scabia, Federico Velludo, Ortensia Mele, Stefano Stradiotto. È considerata un'opera collettiva realizzata con il contributo dei laboratori artistici creati all'interno della struttura nosocomiale da Franco Basaglia, allora direttore dell'Ospedale Psichiatrico, e si avvalse del contributo ideale e immaginifico dei pazienti allora reclusi[1]. Alto circa 4 metri e di colore azzurro, come deciso dagli stessi pazienti, lo si volle di così grandi dimensioni, per poter idealmente contenere tutti i desideri e i sogni dei ricoverati, e portare all'esterno un simbolo visibile e rappresentativo dell'umanità allora "nascosta" e "misconosciuta" all'interno dei manicomi.
Divenne pertanto "icona" della lotta etica, sociale, medica e politica a favore della legge sulla chiusura dei manicomi, la cosiddetta Legge Basaglia del 1978 , nonché simbolo per gli stessi pazienti delle loro istanze di libertà, liberazione e riconoscimento della loro dignità di persone, fino ad allora negate. Da allora è esibito in tutto il mondo come installazione itinerante per sensibilizzare l'opinione pubblica e il mondo politico sui problemi della salute mentale. In Italia è stato esibito anche all' "EXPO 2015"[2]per puntare l'attenzione sulle condizioni degli Ospedali psichiatrici giudiziari.[3]
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