Per modernismo si intende in letteratura quel movimento letterario che sorse tra la fine dell'Ottocento e gli inizi del Novecento in Europa e in Centro e Sud America. Fu caratterizzato da una rottura assai consapevole con i tradizionali metodi di scrittura, nel campo sia della poesia che della prosa.
I modernisti agirono da sperimentatori relativamente alla forma e all'espressività letteraria, come esemplificato dalla massima di Ezra Pound "renderla nuova" (Make it new).[1] Il modernismo fu guidato infatti dall'esplicito intento di sovvertire le consuete maniere di rappresentazione, esprimendo una nuova sensibilità più in linea con lo spirito del tempo[2] ed è coetaneo delle varie avanguardie artistiche europee del primo '900.
Le prime espressioni moderniste si riscontrano nella letteratura ispanoamericana, nel 1888, nelle rime e nelle prose di "Azul" del poeta nicaraguense Rubén Darío[3].
In Italia è di "difficile inquadramento e definizione", tanto che i critici faticano ancora ad utilizzare questa etichetta per catalogare gli autori e le loro opere. Si tratta di una categoria che comprende sia poeti, sia narratori, caratterizzati da un comune sentire letterario ed una certa affinità di pensiero e di stile, benché non vi sia un manifesto ufficiale di questa tendenza né un esplicito accordo tra i vari esponenti. Ha affinità con l'opera di scrittori quali Italo Svevo e, in parte, Luigi Pirandello e Carlo Emilio Gadda, mentre in Francia Louis-Ferdinand Céline e Albert Camus, e, in Cecoslovacchia, Franz Kafka.
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