Monetazione di Velecha

In ambito numismatico sono ben note alcune monete in bronzo, alcune delle quali recano l'epigrafe Velecha, espressa in un alfabeto osco encorio derivato dall'alfabeto greco, spesso abbreviata in Ve.

Le monete di Velecha sono riportate nei principali cataloghi di numismatica.

Una prima classificazione si deve a padre Raffaele Garrucci, che le raggruppò in due serie: nella prima serie tutte le monete fuse, che presentano sul dritto il simbolo del dio Helios e sul rovescio a volte i simboli stilizzati del Sole e della Luna, altre volte una testa di cavallo; in una seconda serie tutte le monete in bronzo coniate.

La sede della zecca è ignota, ma secondo l'ipotesi più accreditata Velecha potrebbe corrispondere all'antica Volcei, in Lucania[1][2][3]; tuttavia l'austriaco Leopold Welzl von Wellenheim, basandosi sulle raffigurazioni riportate sulle monete, ritiene più plausibile che queste fossero state coniate in Campania, presso Capua o Atella[4], mentre il britannico Edward Togo Salmon non esclude che Velecha si trovasse nel territorio dei Sabatini[5], stanziati forse nella valle del Sabato[6]. Lo storico tedesco Heinz-Eberhard Giesecke ipotizza invece che le monete provenissero da Rubi, in Apulia.[7]

  1. ^ (EN) N. K. Rutter e Andrew M. Burnett, Historia Numorum: Italy, vol. 1, British Museum Press, 2001, 2001, p. 61, ISBN 9780714118017.
  2. ^ Samnium and the Samnites, p. 298.
  3. ^ Massimo Osanna, Verso la città: Forme insediative in Lucania e nel mondo italico fra IV e III sec. a. C., Osanna Edizioni, 2013, p. 52, ISBN 9788881673568.
  4. ^ Giovanni Reccia, Le monete di Atella: scoperte, collezioni, tipi, Novissimae Editiones, vol. 38, 2016, p. 31.
  5. ^ Samnium and the Samnites, p. 99.
  6. ^ Samnium and the Samnites, p. 22.
  7. ^ (EN) Rudi Thomsen, Early Roman Coinage: A Study of the Chronology, vol. 2, Copenhagen, Nationalmuseet, 1957, p. 121.

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