Partito Socialista Italiano

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Partito Socialista Italiano
Partito dei Lavoratori Italiani (1892-1893)
Partito Socialista dei Lavoratori Italiani (1893-1895)
Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria (1943-1947)
Simbolo in uso dal 1978 al 1987[1]
Segretariovedi sotto
StatoBandiera dell'Italia Italia
SedeVia del Corso 476, Roma
AbbreviazionePSI
FondazioneGenova, 14 agosto 1892
Derivato da
DissoluzioneRoma, 12 novembre 1994
Confluito in
IdeologiaSocialismo[5]
Repubblicanesimo[6]
Europeismo[7]
Antifascismo[8]
1892–1976
Marxismo[9]
Socialismo rivoluzionario[10]
Anarco-socialismo[11]
Massimalismo[12]
Socialismo democratico[13]
Ministerialismo[14]
1976-1994
Socialdemocrazia[15]
Socialismo liberale[15]
Riformismo[16][17]
Progressismo[18]
Collocazione1892–1976
Sinistra[19]
1976-1994
Centro-sinistra[20]
CoalizioneComitato di Liberazione Nazionale (1943–1947)
Fronte Democratico Popolare e patto di unità d'azione col PCI (1947–1958)[21]
Centro-sinistra organico (1963–1976)[22]
Solidarietà nazionale
(1976–1980)
Pentapartito (1980–1991)
Quadripartito (1991-1994)
Progressisti (1994)
Partito europeoPartito del Socialismo Europeo
Gruppo parl. europeoGruppo Socialista
Affiliazione internazionaleSeconda Internazionale (1892–1916)
Internazionale Comunista (1919–1921)
Unione dei Partiti Socialisti per l'Azione Internazionale (1921–1922)
Internazionale Operaia Socialista (1930–1940)
Internazionale Socialista (1969–1994)
Seggi massimi Camera
156 / 508
(1919)
Seggi massimi Senato
49 / 315
(1992)
Seggi massimi Europarlamento
12 / 81
(1989)
Seggi massimi Consigli regionali
113 / 720
(1990)
TestataAvanti! (1896–1993)
Mondoperaio (1948–1994)
Organizzazione giovanileFederazione Giovanile Socialista Italiana
(1903–1994)
Iscritti860 300 (1948)
Colori     Rosso[23]

Il Partito Socialista Italiano (PSI) è stato un partito politico italiano di ispirazione socialista, attivo dal 1892 al 1994.

A parte la breve esperienza del Partito Socialista Rivoluzionario Italiano, che tenne il suo primo Congresso Nazionale a Forlì nel 1884, è il più antico partito politico in senso moderno e la prima formazione organizzata della sinistra in Italia, oltre ad aver rappresentato anche il prototipo del partito di massa.[24] Alla sua fondazione nel 1892 a Genova nella sala dell'associazione garibaldina Carabinieri genovesi adottò il nome di Partito dei Lavoratori Italiani. Successivamente a Reggio Emilia nel 1893 il nome venne cambiato in Partito Socialista dei Lavoratori Italiani mentre al congresso di Parma del 1895 assunse il nome di Partito Socialista Italiano.

Durante il regime fascista (in particolare dopo la messa al bando di tutti i partiti tranne il Partito Nazionale Fascista) continuò la sua attività nella clandestinità mentre la direzione del partito in esilio in Francia tentava di mantenere i contatti con i nuclei clandestini e d'influire sulla vita politica italiana, denunciando all'opinione pubblica europea e statunitense i crimini del regime. Nel 1930 il Partito Socialista Italiano in esilio subì una scissione interna tra l'ala fusionista, che procedette a una riunificazione con il PSULI rinominandosi Partito Socialista Italiano - Sezione dell'Internazionale Operaia Socialista, e l'ala massimalista, che venne da quel momento conosciuta come Partito Socialista Italiano (massimalista). Quest'ultima perse gradualmente membri nel corso degli anni, scomparendo intorno agli inizi degli anni 1940.

Dopo la caduta del fascismo del 25 luglio 1943, il PSI partecipò al movimento italiano di Resistenza, essendo presente nei Comitati di Liberazione Nazionale centrale e locali e organizzando proprie formazioni partigiane denominate Brigate Matteotti. Dopo la fusione con il Movimento di Unità Proletaria avvenuta nell'agosto 1943 assunse il nome di Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria, per poi ritornare al nome precedente nel 1947, anno in cui il PSI strinse un'alleanza con il PCI, la quale causò la scissione socialdemocratica di Palazzo Barberini, dalla quale ebbe origine il Partito Socialista Democratico Italiano.

Negli anni sessanta si avviò una stagione di collaborazione tra il PSI e la Democrazia Cristiana che portò alla nascita dei primi governi di centro-sinistra. Nel 1964 la sinistra più radicale e ortodossa interna al PSI se ne distaccò per formare una nuova formazione politica che rispolverò il nome di Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria.

Nel 1966 il PSI e il PSDI decisero di riunificarsi nel PSI-PSDI Unificati, noto anche con la denominazione di Partito Socialista Unificato. A causa del cattivo risultato elettorale conseguito alle elezioni politiche del 1968 l'unità socialista durò meno di due anni e il 28 ottobre 1968 riprese la denominazione di PSI mentre la gran parte della componente socialdemocratica diede vita nel luglio 1969 al Partito Socialista Unitario, che nel febbraio 1971 riassunse il nome originario di Partito Socialista Democratico Italiano. Dopo il fallimento della riunificazione con i socialdemocratici e l'entrata in crisi della formula del centro-sinistra a seguito della nascita della contestazione studentesca e del protagonismo operaio nelle lotte degli anni settanta, il PSI con il segretario Francesco De Martino, succeduto al leader calabrese autonomista Giacomo Mancini, elaborò nel 1974 la strategia della alternativa di sinistra che avrebbe dovuto mandare all'opposizione la DC e portare al governo la sinistra unita. Tale strategia entrò in rotta di collisione con quella del compromesso storico lanciata dal segretario del PCI Enrico Berlinguer all'indomani del golpe in Cile nel 1973.

A partire dagli anni settanta si affermò nel partito una nuova posizione ideologica volta a riscoprire la tradizione socialista liberale e libertaria, non marxista e non bolscevica, culminata con la nomina di Bettino Craxi a segretario nel 1976.[25] Il nuovo capo politico autonomista e riformista marcò ancora di più la nuova direzione del PSI verso il socialismo liberale, rendendo il partito più autonomo dal PCI e più marcatamente indirizzato ad un centro-sinistra socialdemocratico. È dimostrazione di ciò la nascita del Pentapartito, e successivamente la nascita dei governi Craxi. A seguito di questa svolta ideologica venne gradualmente modificato il simbolo del PSI, sostituendo alla falce e martello l'immagine ottocentesca del garofano rosso.

Successivamente a seguito della caduta del comunismo nei Paesi dell'est europeo nel 1989 venne modificata la denominazione stessa del partito in Unità Socialista – PSI, auspicando con ciò una riunificazione tra i socialisti, i socialdemocratici del PSDI e la componente riformista del PCI, che nel 1991 divenne il Partito Democratico della Sinistra.

A seguito della crisi dei partiti tradizionali conseguente alla vicenda di Tangentopoli che colpì duramente il PSI sia dal punto di vista politico-elettorale sia finanziario, il partito venne messo in liquidazione nel 1994, determinando la diaspora socialista con la nascita di varie formazioni politiche, divise circa l'adesione alla coalizione di centro-destra o a quella di centro-sinistra, secondo il nuovo sistema bipolare della cosiddetta Seconda Repubblica, favorito dall'introduzione della nuova legge elettorale maggioritaria del Mattarellum.

  1. ^ Filippo Panseca: "Il garofano del Psi, l'unico simbolo inconfondibile", su isimbolidelladiscordia.it.
  2. ^ a b (EN) Luciano Bardi e Piero Ignazi, The Italian Party System: The Effective Magnitude of an Earthquake, in Piero Ignazi e Colette Ysmal (a cura di), The Organization of Political Parties in Southern Europe, Greenwood Publishing Group, 1998, p. 102, ISBN 978-0-275-95612-7.
  3. ^ Ai Socialisti Italiani sono seguiti nel 1998 i Socialisti Democratici Italiani e nel 2007 il Partito Socialista Italiano.
  4. ^ Al Partito Socialista Riformista sono seguiti nel 1996 il Partito Socialista e nel 2001 il Nuovo PSI.
  5. ^ Statuto Costituzione del Partito, su domanisocialista.it.
  6. ^ Santi Fedele, I Repubblicani in esilio nella lotta contro il fascismo (1926-1940), Firenze, Le Monnier, 1989, p. 40.
  7. ^ Arturo Colombo (a cura di), I socialisti tra unità europea e politica dei blocchi, in La Resistenza e l'Europa, Firenze, Le Monnier, 1984, pp. 136-181.
  8. ^ Santi Fedele, I Repubblicani in esilio nella lotta contro il fascismo (1926-1940), Firenze, Le Monnier, 1989, pp. 27–28.
  9. ^ Fino all'articolo Il Vangelo socialista, con la firma di Craxi, la figura e il pensiero di Karl Marx furono principale fonte d'ispirazione ideologica del Partito Socialista. Anche le correnti riformiste e democratiche si rifacevano comunque al marxismo, sia pure in una sua variante revisionista e parlamentare. Con la segreteria Craxi ci sarà un graduale totale abbandono delle logiche del marxismo in qualsiasi sua forma (la stessa figura di Marx fu sostituita idealmente con quella dell'anarchico francese Pierre-Joseph Proudhon), benché rimanessero di chiara ispirazione marxista le correnti lombardiana e demartiniana
  10. ^ Durante il primo periodo di vita del partito il socialismo italiano era orientato principalmente verso l'anarchismo e l'insurrezionalismo, ma fu sostenuto anche dai massimalisti, Giacinto Menotti Serrati e la sua area politica avevano come obiettivo immediato la creazione di una repubblica socialista basata sul modello sovietico. Vedi G. Sabbatucci e V. Vidotto, Storia contemporanea, il novecento, Bari, Edizioni Laterza, 2008, p. 70: «I massimalisti [...] si ponevano come obiettivo immediato l'instaurazione della repubblica socialista fondata sulla dittatura del proletariato e si dichiaravano ammiratori entusiasti della rivoluzione bolscevica».
  11. ^ Dal disciolto Partito socialista rivoluzionario di Romagna le iniziali componenti anarco-socialiste confluirono nel partito. La corrente, col sorgere di posizioni prima massimaliste e poi riformiste sempre più marcate, perse man a mano molto seguito, fino a sparire. https://www.strisciarossa.it/andrea-costa-un-socialista-da-ricordare-non-solo-con-una-lapide/
  12. ^ G. Sabbatucci e V. Vidotto, Storia contemporanea, il novecento, Bari, Edizioni Laterza, 2008, p. 70: «I [socialisti] massimalisti [...] si ponevano come obiettivo immediato l'instaurazione della repubblica socialista fondata sulla dittatura del proletariato e si dichiaravano ammiratori entusiasti della rivoluzione bolscevica». Il massimalismo rivoluzionario rimase comunque all'interno del partito esercitandovi una certa influenza fino alla scissione del Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria nel 1964. Anche dopo tale data numerosi ex massimalisti sarebbero rimasti all'interno del PSI esercitando una certa influenza fino all'avvento del craxismo in egemonia del socialismo italiano.
  13. ^ sia in seguito alla fine dell'unità d'azione con il Partito Comunista Italiano, sia anche parte della corrente turatiana sin dal 1904.
  14. ^ Nonostante la forte corrente rivoluzionaria, a partire dal 1904 c'era anche una forte componente socialista riformista e democratica guidata da Filippo Turati che però venne espulsa dai massimalisti nel 1922 e fondò il Partito Socialista Unitario, guidato da Turati e Giacomo Matteotti. Nel 1930 il Partito Socialista Italiano in esilio subì una scissione interna tra l'ala fusionista, che procedette a una riunificazione con il PSULI rinominandosi Partito Socialista Italiano - Sezione dell'Internazionale Operaia Socialista, e l'ala massimalista, che venne da quel momento conosciuta come Partito Socialista Italiano (massimalista). Quest'ultima scomparve intorno agli inizi degli anni 1940, perdendo gradualmente membri nel corso degli anni in favore del PSIUP, ricostruito dopo il 25 luglio.
    Le correnti erano due; i frontisti, favorevoli all'unità d'azione con il PCI e sostanzialmente rivoluzionari, capeggiati da Pietro Nenni, e gli autonomisti, riformisti e sostenitori dell'autonomia del PSI dal PCI.
    Nel gruppo di questi ultimi, fino al 1947, erano attivi anche i socialdemocratici saragatiani. In seguito Nenni divenne capo degli autonomisti.
  15. ^ a b VangeloSocialista.
  16. ^ Un moderno riformismo per governare il cambiamento, in Avanti!, 6 aprile 1982, pp. 1-5.
  17. ^ Il riformismo era sempre stato presente all'interno del partito, ma era precedentemente stato quasi sempre in minoranza rispetto a posizioni massimaliste che causarono anche scissioni, come quelle del PSU nel 1922 e del PSDI nel 1947.
  18. ^ Gianfranco Salomone, Uscire dalla crisi costruire il futuro, in Avanti!, 29 marzo 1978, p. 1.
  19. ^ Errore nelle note: Errore nell'uso del marcatore <ref>: non è stato indicato alcun testo per il marcatore treccani
  20. ^ (EN) Frederic Spotts; Theodor Wieser, Italy, a difficult democracy : a survey of Italian politics, Cambridge University Press, 1986, pp. 68.
  21. ^ Nelle cosiddette "Regioni rosse" e in varie amministrazioni locali ininterrottamente dal 1947 al 1994.
  22. ^ In varie amministrazioni locali fin dal 1960 e ininterrottamente fino al 1994.
  23. ^ Colore ufficiale associato al socialismo e ai partiti socialisti, utilizzato nel logo del partito: vedi Elezioni:Rosso socialista, con crisi torna su mappa d'Europa. Il rosa fu usato in maniera consuetudinaria dagli organi d’informazione a partire dalla segreteria Craxi per distinguerlo dal rosso associato anche al comunismo e ai partiti comunisti come il Partito Comunista Italiano.
  24. ^ La fine di un partito. Il Partito Socialista Italiano dal 1992 al 1994.
  25. ^ Il Vangelo socialista. Craxi e Berlinguer 30 anni fa » Dorino Piras, su www.dorinopiras.it. URL consultato il 2 settembre 2022.

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