Persecuzioni ai danni dei pagani nell'Impero romano

Ipazia, filosofa, matematica e astronoma di Alessandria d'Egitto.
Viene ricordata per essere stata la più tristemente celebre delle vittime di religione pagana perseguitate e uccise dai cristiani a partire dal III-IV secolo.
Olio su tela di Charles William Mitchell, 1885, Laing Art Gallery (Newcastle).

Le persecuzioni dei pagani nell'Impero romano furono quelle azioni di intolleranza, discriminazione, oppressione e violenza religiosa che portarono alla progressiva sostituzione del cristianesimo alle religioni politeiste, sia indigene che straniere, nei territori dell'Impero (cfr. Ellenizzazione), avvenute soprattutto durante gli anni che segnarono la caduta dell'Impero romano d'Occidente, nel corso del IV secolo.

Eppure il cristianesimo si era presentato, finché era rimasto un fenomeno minoritario, come una religione di tolleranza,[1] chiusa nella sua individualità ma aperta all'accettazione che altri potessero avere una fede diversa. Così infatti proclama nel 197 Tertulliano, da poco convertito: "Uno onori Dio, un altro Giove; uno tenda le mani supplici verso il cielo, altri verso l'ara della Fede; uno, se crede, conti, pregando, le nuvole, un altro le travi del soffitto; uno al proprio Dio voti l'anima propria, altri quella di un caprone. Badate, infatti, che non concorra anche questo al delitto di irreligiosità: togliere la libertà di religione e interdire la libertà di scelta della divinità, così che non mi sia permesso onorare chi voglio, ma sia costretto a onorare chi non voglio. Nessuno vorrà essere onorato da chi non vuole farlo, nemmeno un uomo."[2]

  1. ^ Papaconstantinou, A.; Mclynn, N.; Schwartz, Daniel L. (a cura di). Conversion in Late Antiquity: Christianity, Islam, and Beyond, pp. 42-44. Ashgate Pub Co., Oxford 2015, ISBN 978-1-4094-5738-1.
  2. ^ Apologetico, 24, così come riportato in Filoramo, p. 361.

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