Pio XII e l'Olocausto

Voce principale: Pio XII.
Papa Pio XII nel settembre 1945

Il pontificato di Pio XII coincise con alcuni degli eventi storici più gravi e significativi del XX secolo. Salito al soglio pontificio nel 1939, alla vigilia della seconda guerra mondiale, egli - in ragione della peculiarità del suo ufficio - si trovò in una posizione particolare riguardo all'Olocausto perpetrato dalla Germania nazista. A guerra finita fu uno dei protagonisti - sia a livello mondiale, sia relativamente alla politica italiana - della forte contrapposizione ideologica (simboleggiata dalla Cortina di Ferro) sviluppatasi nell'ambito della Guerra Fredda. Sopravvisse per cinque anni a Stalin (morto nel 1953), del quale fu, in virtù del suo intransigente anticomunismo, uno dei più fieri avversari.

Le difficoltà e l'importanza cruciale delle scelte connaturate all'attraversamento, durante il suo pontificato, di un periodo storico caratterizzato da scontri ideologici e militari tra i più duri che la storia ricordi, non potevano che porre Pio XII al centro d'una controversia storiografica - ben lungi dall'esser conclusa - e di aspre critiche e polemiche relative al suo operato (vedi bibliografia), sorte già alla fine del secondo conflitto mondiale, sia oltrecortina che nell'ambito del cattolicesimo progressista.[senza fonte]

In particolare, Pacelli è oggetto di accuse circa la sua presunta connivenza con i regimi nazi-fascisti, specialmente per quanto riguarda la firma del concordato con la Germania nazista, quello che i critici definiscono il suo «colpevole silenzio» di fronte all'Olocausto e un suo possibile ruolo nella fuga di gerarchi al termine della guerra. Avverso il presunto antisemitismo di Pio XII, vi sono testimonianze e giudizi espressi da personalità ebraiche talora di rilievo, che accreditano a Pio XII e alla Chiesa cattolica lo svolgimento, durante la guerra, di attività caritatevoli e umanitarie a salvaguardia e protezione di coloro che erano minacciati dalla prospettiva dei campi di sterminio, in stragrande maggioranza ebrei.[1]

  1. ^ Il dibattito sulla condotta di Pio XII ha avuto un risvolto polemico anche a proposito di una didascalia posta nello Yad Vashem, il memoriale-museo della Shoah a Gerusalemme. La didascalia redatta inizialmente dal museo venne giudicata dalla Santa Sede gravemente accusatoria nei confronti del papa. Per questo il nunzio apostolico in Israele, Antonio Franco intraprese una campagna di pressione, ottenendo una revisione del testo. Questo è il testo della precedente didascalia dello Yad Vashem:

    «Pio XII e la Shoah. La reazione di Pio XII all'uccisione degli ebrei durante l'Olocausto è una questione controversa. Nel 1933, quando era Segretario di Stato vaticano, si attivò per ottenere un Concordato con il regime tedesco per preservare i diritti della Chiesa in Germania, anche se ciò significò riconoscere il regime razzista nazista. Quando fu eletto Papa nel 1939, accantonò una lettera contro il razzismo e l'antisemitismo preparata dal suo predecessore. Anche quando notizie sull'uccisione degli ebrei raggiunsero il Vaticano, il Papa non protestò né verbalmente né per iscritto. Nel dicembre 1942, si astenne dal firmare la dichiarazione degli Alleati che condannava lo sterminio degli ebrei. Quando ebrei furono deportati da Roma ad Auschwitz, il Papa non intervenne. Il Papa mantenne una posizione neutrale per tutta la guerra, con l'eccezione degli appelli ai governanti di Ungheria e Slovacchia verso la fine. Il suo silenzio e la mancanza di linee guida costrinsero il clero d'Europa a decidere per proprio conto come reagire.»

    Questo, invece, il testo della didascalia modificata:

    «Il Vaticano e la Shoah. Il Vaticano sotto la guida di Pio XI, Achille Ratti, e rappresentato dal Segretario di stato Eugenio Pacelli, firmò un concordato con la Germania nazista al fine di preservare i diritti della Chiesa cattolica in Germania. La reazione di Pio XII, Eugenio Pacelli, all’assassinio degli ebrei durante l’Olocausto è oggetto di controversia tra gli studiosi. Dall'inizio della Seconda guerra mondiale il Vaticano mantenne una politica di neutralità. Il Pontefice si astenne dal firmare la dichiarazione degli Alleati del 17 dicembre 1942 che condannava lo sterminio degli ebrei. Comunque, nel suo radiomessaggio natalizio del 24 dicembre 1942 egli fece riferimento alle «centinaia di migliaia di persone, le quali, senza veruna colpa propria, talvolta solo per ragione di nazionalità o di stirpe, sono destinate a morte o a un progressivo deperimento». Gli ebrei non erano esplicitamente menzionati. Quando gli ebrei furono deportati da Roma ad Auschwitz il Pontefice non protestò pubblicamente. La Santa Sede si appellò separatamente ai governanti di Slovacchia e Ungheria in favore degli ebrei. I critici del Papa sostengono che la sua decisione di astenersi dal condannare l'assassinio degli ebrei da parte della Germania nazista costituisca una mancanza morale: la mancanza di una chiara guida consentì a molti di collaborare con la Germania nazista rassicurati dall’opinione che ciò non era in contraddizione con gli insegnamenti morali della Chiesa. Ciò lasciò anche l’iniziativa del salvataggio degli ebrei a singoli preti e laici. I suoi difensori ritengono che questa neutralità evitò più dure misure contro il Vaticano e contro le istituzioni della Chiesa in tutta l'Europa, consentendo così che avesse luogo un considerevole numero di attività segrete di salvataggio a differenti livelli della Chiesa. Inoltre, essi indicano casi in cui il Pontefice offrì incoraggiamento ad attività in cui gli ebrei furono salvati. Finché tutto il materiale rilevante non sarà disponibile agli studiosi, questo tema resterà aperto a ulteriori indagini.»

    Cfr. Andrea Tornielli, Pio XII, lo Yad Vashem cambia la didascalia controversa, su Vatican Insider (La Stampa), 1º luglio 2012. URL consultato il 25 agosto 2012. (archiviato dall'url originale il 6 luglio 2012).


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