Punto di vista (letteratura)

«Il secondo modo per regolare l'informazione consiste nella scelta di una prospettiva o punto di vista. Si dirà che il racconto è focalizzato o non focalizzato, a seconda che esista o meno una restrizione del campo visuale-informativo, e cioè che il racconto si modelli sul punto di vista di uno o più personaggi (ed ecco la focalizzazione) oppure che promani direttamente dal narratore, senza limitazioni dell'ambito percettivo. È il caso, quest'ultimo, del narratore onnisciente che penetra anche nell'animo dei personaggi, ne scruta i sentimenti più reconditi, persino i sogni, le fantasie, le pulsioni inconsce.[1]»

Il punto di vista è, in un testo narrativo, l'angolatura dalla quale si mette colui che narra.

Il punto di vista può essere definito "dal di dentro" nel caso il narratore conosca già tutto della storia, come nel caso de I promessi sposi del Manzoni, o "con" se egli conosce solo quello che sanno i suoi stessi personaggi o è egli stesso un personaggio, come accade per l'io narrante, oppure "dal di fuori" se il narratore, come nel caso degli scrittori naturalisti o veristi, si distacca volutamente da ciò che narrano.

Dagli studi sull'analisi del testo è risultato che il punto di vista è un elemento fondamentale per una corretta lettura del testo narrativo e molti linguisti si sono soffermati soprattutto sul concetto di "punto di vista onnisciente", tipico di molta tradizione narrativa secondo il quale il narratore, in prima o terza persona, dimostra di conoscere tutto riguardo ai suoi personaggi.

  1. ^ Angelo Marchese, L'officina del racconto. Semiotica della narratività, Mondadori, Milano 1983, pag. 49

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