Rabbino

Polonia, gennaio 1941: rabbini raccolti in sinagoga, Bundesarchiv

Il termine rabbino (dall'ebraico biblico: רַבִּי, traslitt. rabi, AFI: [ˈʁäbi], "mio maestro", singolare possessivo רבנים, rabanim, [ʁäbäˈnim] – la parola "maestro" רב, rav, [ˈʁäv] letteralmente significa "grande", "distinto") viene inteso come "maestro" nell'ebraico post-biblico. Nella cultura ebraica il titolo indica uno studioso che si è distinto per i suoi studi ed è un autorevole insegnante della Tōrāh e della legge mosaica (Torat Mosheh), considerato la guida spirituale della propria comunità ebraica[1]. Il rabbino, per svolgere i suoi compiti, deve inoltre aver ricevuto l'ordinazione (semikhah) ed è autorizzato, secondo la tradizione ebraica, a decidere su necessità comunitarie ed Halakhiche particolari, come quelle legate alle regole alimentari o rituali, e generali, come nel confronto religioso, interreligioso, etico e morale.[2] Talvolta nel linguaggio italiano si può parlare di persona parsimoniosa.

  1. ^ RABBI - JewishEncyclopaedia.com.
  2. ^ I rabbini sono noti anche, appunto, come maestri (Rabbanim) o come saggi (Chakhamim). Vedi etimologia.

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